giovedì 30 settembre 2010

Torta di mele

Oggi avevo uova da rompere, nonché mele da affettare prima che si marciscano del tutto. A casa mia, si dice sempre "ci sono uova da rompere" quando ce ne sono troppe e l'unico modo per mangiarle tutte è fare un dolce. Se oltre alle uova ci mettiamo anche le mele e il fatto che mio padre, dopo pranzo e dopo cena tira sempre tutte le portelle per vedere cos'altro c'è da mangiare, un dolce deve esserci. Ho scoperto che per farlo cuocere bene, almeno metà delle mele è meglio ficcarle nell'impasto, sennò se si mettono tutte sopra resta mezzo crudo. Nel senso, non crudo-crudo, ma troppo umido.


La ricetta è la seguente:
125gr burro (da tirare fuori in anticipo)
125gr zucchero
1 bustina zucchero vanigliato
3 uova
1 fialetta aroma limone
1 pizzico sale
200gr farina
50gr frumina
2 cucchiaini lievito
1 cucchiaio latte (se serve)
3 mele tagliate a fettine
Opzionale: 2 cucchiai di marmellata, zucchero a velo

Lavorare il burro a crema, aggiungere zucchero, zucchero vanigliato, uova, aroma e sale (importante: alla fine lo zucchero deve essere disintegrato). Impastare farina, frumina e lievito. Se la pasta è troppo dura, aggiungere un po’ di latte (di solito non è mai dura, anzi, casomai è fin troppo molle). Aggiungere all'impasto le mele tagliate a fettine, lasciandone da parte un po' per decorare.
Mettere la pasta nello stampo preventivamente imburrato e infarinato e (casomai) distenderla con un cucchiaio bagnato.
Decorare con le mele, mettere in forno preriscaldato a 175° per 30-35 minuti circa.
Opzionale: spennellare con la marmellata e cospargere di zucchero a velo.

mercoledì 29 settembre 2010

Con la k

Era un secolo che non specificavo "con la k". Più o meno da quando sono andata in ospedale a dicembre. E anche prima era un secolo. Ora lo dico quando devono cercarmi sul computer o qualcosa del genere. Da piccola, sempre. Da piccola era inconcepibile che anche solo pensassero di scrivere il mio nome con la C. Guai. Anche quando ancora non sapevo scrivere, era quella la frase che mi usciva in automatico dopo cognome e nome. "Con la k".

lunedì 27 settembre 2010

Pioggia

Mamma quanta acqua. Per qualche strano motivo, a Venezia quando piove ci si bagna fino alle mutande. E non conta avere ombrello e stivali e tutto il resto della bardatura. Te la prendi e basta. E poi in treno c’è anche l’aria condizionata, così ti viene la morte.
Tra l’altro, ho fottuto la sciarpetta gialla a mia madre. Mi sa che d’ora in poi se la può sognare. E il mio santo collo sta al caldo (eppoi fa figo). In biblio tutti mi hanno detto che è bellissima. Modestamente, (ora) è mia.
Oggi pome, tra l'altro, io e Marco abbiamo passato tipo mezz'ora sul tavolino dei bambini (con un bambino, per fortuna) a giocare con un coso allegato a un libro che si chiama "Magico Patch". Dio, che da ridere.

venerdì 24 settembre 2010

Augureggiare o non augureggiare? Questo è il problema.

Poi succede che è il compleanno di una persona a cui tenevi, e fargli gli auguri non significa risentirsi dopo tre mesi, ma piuttosto intavolare una discussione messaggistica fatta di fraintendimenti, di ironia e cinismo fraintesi e di scuse a cui non credi nemmeno mentre le scrivi, e tutto per arginare il casino.
Adesso devo fare una scelta, e so che qualsiasi risposta darò alla domanda, che sia o no, sarà quella sbagliata. Mi farà rimpiangere di non avere dato l'altra, anche se sarebbe stata altrettanto rimpiangevole.
Quando sono arrivata in biblio avevo un diavolo per capello. Ero nervosa come solo lui sa farmi diventare. In un quarto d'ora mi sono caduti quattro libri dalle mani (libri, non intere pile). E l'affermazione "oggi sono rincoglionita" era sufficiente a spiegare al mio mondo lì dentro cosa poteva essere successo prima delle tre di pomeriggio.
Poi è arrivato Marco, e ci siamo messi a lavorare insieme. E ci siamo beccati come marito e moglie. O come fratelli. Tutto il pomeriggio, tranne quando è stato a fare matematica. Che è comunque tornato da me per farsi scegliere l'equazione. Adoro scegliere equazioni. Le più cancare del libro, via. Le peggiori gliele ho sempre scelte io.
E, puro caso, stasera ho avuto una delle mie solite discussioni con i miei. Perché una volta che ho tolto il freno, che sono stata provocata e tesa e nervosa tutto il giorno, loro sono la goccia che fa traboccare il vaso. Tutte le sere, stessi discorsi, ormai mi entrano da un orecchio ed escono dall'altro, ma sentirli parlare mi urta lo stesso. Parlano sempre tra di loro, di cose che hanno vissuto entrambi. E io cerco di vedere la ghigliottina all'eredità. L'altra sera potevo vincere 45000 euro, la parola era "fontana".

mercoledì 22 settembre 2010

Cominciamo male

I ricercatori fanno sciopero. E siccome i ricercatori fanno sciopero, metà del mio corso di didattica delle lingue straniere non si fa questo semestre. Forse il prossimo, e solo per farci un favore. Sennò lo seguiamo l'anno prossimo, da settembre 2011. Beh, è ovvio, no? Certo, io mi laureo fra tre anni perché voi fate sciopero. Mi piace molto questa cosa. La adoro, in modo molto portoghese[1]. Tra l'altro ho scoperto che quest'anno per spagnolo tradurremo Pirandello. Non vedo l'ora. Adoro anche Pirandello, da quando ho letto Il fu Mattia Pascal in montagna a natale della quinta con un occhio sul libro, uno su Martin e la musica nelle orecchie. E ho scoperto anche che al prof non comoda il mio vocabolario bilingue e dovrò comprarlo nuovo grosso il doppio, nonché devo anche comprare un monolingua in due volumi, perché quello in un volume solo è troppo povero per tradurre Pirandello. Cazzo, farci tradurre Twilight no, vero? Qualcosa di un po' più recente almeno. Qualcosa che almeno capisco cosa leggo, no Pirandello.

Note:
[1] I portoghesi non amano, usano molto più spesso il verbo adorare.

lunedì 20 settembre 2010

Buoni propositi

Oggi era il primo giorno di uni. Quando sono arrivata in biblio oggi pomeriggio, dopo il treno in ritardo, il traffico per strada, un trattore davanti appena prima della rotonda, i piatti da asciugare a casa, la signora chiacchierona che mi ha fermata e da cui sono scappata di corsa come una velocista, Marco mi ha chiesto: "come va, katiusha?" e io, afflosciandomi addosso a lui: "sono stancaaaaa". Se non mi prendeva, finivo a pulire il pavimento.
Non posso alzarmi alle 6.10 per prendere il treno delle 7.10 che arriva in ritardo, per arrivare a Venezia alle otto più o meno e poi il prof arriva in ritardo a lezione, perché dopotutto lui poveretto abita a Rovigo, no? Quindi lui deve alzarsi alle cinque e mezza. Ah. Chi cazzo te l'ha chiesto di mettere la lezione alle 8.45 di lunedì mattina?
In biblio c'è un sacco di roba da fare e io mi vedo volare il tempo via dalle dita. Anche se effettivamente, quando entro sono a casa. La Giò, Beppe, il mio fratellino Marco che cerca di venirne fuori con la matematica... casa. E poi metterci fuori seduti sui gradini di sbiego alle sei passate, che inizia a fare già umido, a spettegolare stretti stretti, a girarsi l'indelebile tra le dita e scherzare mentre guardiamo i passeggeri, come dice mia nonna (ovviamente intende passanti).
Ho fatto dei buoni propositi per il nuovo semestre, ma so già che li infrangerò uno per uno.
1. Andare a tutte le lezioni, lettorati compresi.
2. Nelle quattro ore buche del lunedì mattina, rinchiudersi da qualche parte a studiare inglese2, portoghese (dopo aver trovato la grammatica in biblioteca), spagnolo2 e forse, quando ho finito tutto quello, anche inglese3.
3. Passare tutti gli esami di cui sopra a gennaio (eventualmente inglese3 a giugno).
4. Passare tutti gli esami di gennaio, oltre a quelli arretrati del secondo anno.
5. Se vado a Venezia, andarci per andare a lezione e non per chiudermi in biblio centrale alle zattere.
6. Niente più paninazzi della stazione (unti, bisunti, anfibi cit. Stefano Benni).
7. Varie ed eventuali.

sabato 18 settembre 2010

Un buon non-compleanno

Non ho mai sbattuto la testa così tanto per cercare dei regali di compleanno. Io odio fare i regali di compleanno, perché fondamentalmente non so mai cosa prendere. La maggior parte delle volte si tratta di gente che conosco da una vita, e ancora non ho la minima idea di cosa potrebbe piacergli. Oggi ho perso qualcosa come tre ore tra fare la spesa e guardare di qualcosa da prendere (con un budget ridottissimo, tra l'altro) e spero solo di averci imbroccato, perché non sono poi così sicura. Perché il fatto è che non so nemmeno cosa potrebbe piacere a me, per il mio compleanno, figurarsi se ho idea di cosa vogliono gli altri.
Adesso, tra l'altro, sto consultando San Gogolo da Los Angles (cit. Austro) per vedere se qualche buon'anima ha pubblicato in qualche remoto angolo del web le istruzioni per un origami-scatolina diverso da quello che so fare io ad occhi chiusi. Se però non c'è niente di fattibile, mi arrenderò a fare la solita.
Da venerdì prossimo in poi, ho una strage di compleanni. Più o meno uno alla settimana. Credo che fingerò di dimenticate qualcuno, non posso fare regali a tutti.

mercoledì 15 settembre 2010

Sciarpette ed assistenti

A Ca' Foscari non vanno di moda gli assistenti. Oppure, vanno ma si chiamano "tutor" (pronunciasi TIUTOR, sennò la prof di inglese dice che non sappiamo neanche parlare). Insomma questi stronzetti che stanno un passo più sopra a noi comuni studentelli del quasiterzo anno (in una sola materia, poi) si comportano come padreterni e la prof chiaramente li spedisce a guardarci mentre facciamo l'esame. Lei chissà dov'è. Alle Bahamas magari. Non mi stupirei più di niente. Bene, dopo due ore di esame con questi rompicavoli che un po' guardavano il computer e un po' guardavano noi, accusandoci di copiare solo perché avevamo lasciato il libro sotto il banco, siamo scappate fuori a pranzo e a consegnare il regalonzo per una tipa che sabato prossimo parte in Erasmus (Barcellona).
Claudia e la sua sciarpetta nuova
Insomma le abbiamo preso una sciarpetta (una pashmina, non si dice sciarpetta!), che tanto lei porta sempre la sciarpa. Magari non a luglio, ma da settembre a maggio sì.
Siamo state a cibarci in un baretto lì vicino a Ca' Bembo (che è praticamente la seconda casa di noi di LSL), un posto che non ci si gira neanche e che sui tavoli da quattro ci si siede in tre, perché il quarto lato praticamente coincide con i lato del tavolo accanto. Noi c'eravamo fatte furbe e avevamo attaccato due tavoli, ma chiaramente in quattro non potevamo occupare otto posti, anche se effettivamente i quattro supplementari volendo li occupavano gli zaini. Non si è mai capito perché per andare ad un esame hai più roba nello zaino di quando vai a lezione. Insomma, un panino grosso come me. Una Schiacciata con zucchine, peperoni e melanzane (e formaggio, ma non so di che tipo). Unta-bisunta-anfibia. Fa niente, tanto sono in dieta, no? Cristo, stamattina mi ero messa la camicia e non mi si chiudeva nemmeno! Voglio dire, si chiudeva ma avevo qualche problema col terzo bottone, nel senso che si vedeva tre quarti di reggiseno e faceva brutto. Ho dovuto cambiare idea e mettermi una maglietta. Ovviamente nera, così si sta freschi sotto il sole di Venezia. Alle sette e mezza di mattina sono davvero geniale.

martedì 14 settembre 2010

Meno uno

Spagnolo scritto, fuori dai piedi.
Non so nemmeno di essere al mondo e non sto studiando per domani mattina, ma chissene.
Da domani pomeriggio sono libera.

lunedì 13 settembre 2010

Primo giorno di scuola

Il mio fratellino e la mia sorellina (Dio, come posso essere imparentata facebookamente con gente del genere?) oggi sono capitati in biblio com e due valanghe, e quei due messi insieme sono peggio di una bomba ad orologeria. In primo luogo, perché non hanno un timer, esplodono all'improvviso. Insomma sono capitati lì all'improvviso, prima Marco, appena alzato dal letto, e poi anche la Ele, saltando in braccio ad entrambi. Avevano un mucchio di novità da raccontarmi, perché dopotutto il primo giorno di scuola è sempre così.
Da me è uscito l'orario del terzo anno e sto già vomitando. In primo luogo perché si inizia alle 8.45 e non più alle 9.00. Cazzo, devo fare che, svegliarmi alle SEI? Meglio se sto zitta, va.
Domani mattina, esame di spagnolo2, lettorato. Mercoledì linguistica italiana, salutino alla Claudia che parte per Barcellona e poi quattro giorni di tranquillità.

domenica 12 settembre 2010

Lavativi

"Lavativi" è ciò che bisognava scrivere nei commenti del questionario di Ca' Foscari 2010. Sì, perché non posso aver scritto a marzo che mi dovevano riconoscere tre crediti di inglese veicolare ed essere ancora in attesa. Perché non posso iniziare l'uni lunedì prossimo (il 20) e ancora non sapere l'orario, che poi finisce che lo mettono fuori (sbagliato) venerdì sera, come l'anno scorso. Perché non può essere che ho consegnato le modifiche al piano di studio subito dopo pasqua e sto ancora aspettando. Non può essere che facciamo meno scuola e paghiamo più tasse. Quest'anno la prima rata è della modica cifra di 989,62 euro. Praticamente niente, a sentire loro. Lo sapete cosa ci faccio io con 989,62 euro? Mi compro 50 libri, la maggior parte dei quali in edizione rilegata (supponendo come prezzo medio 20 euro a libro, che mi pare anche tanto) e mi azzero la wish di aNobii. E non parliamo dell'abbonamento del treno. Non voglio neanche sapere quant'è lievitato quello. Per stare in piedi la maggior parte delle andate, ovviamente.
La scuola mi distrugge. Non è ancora iniziata e già mi distrugge. Mi sa che devo provare le gocciole.

sabato 11 settembre 2010

Tartarughe ghignanti

Sto decisamente male. E sapete perché? Numero uno, perché è molto probabile che non tornerà più, che lo sapevo benissimo ma è sempre una mazzata. Numero due, perché finisce sempre che le cose le vengo a sapere da faccialibro o simili. Maledetta quella volta che ho guardato la sua pagina. Numero tre, perché è standard stare male, ma io adesso sto male strano, mi viene da vomitare e sono incazzata e vorrei piangere e dirgli che tutte le sue belle promesse poteva andare a farle a qualcun’altro. Lo sapevo che non tornava. Lo SAPEVO. Ma no, lui doveva mentire e avere ragione e rinfacciarmi che era sempre tornato e compagnia bella. La verità è che sei una merdaccia. Detto proprio col cuore. Cazzo, ti prenderei a schiaffoni una giornata intera. Cazzo, sai quanto mi servi e invece tu cosa fai? Resti in Romania. Altro che invitarmi. Altro che venire a prendermi. Mia madre mi uccide se vado in Romania. Porco cane.
Sto male come quel giorno che la Sara si è portata via Max, come quando mi ha detto che non sarebbero venuti alla pizza e che dovevo finirla. Quella vacca.
Perché quando tutto sembra andare abbastanza bene, salta fuori la proverbiale buccia di banana e crolla tutto. Io non mi faccio castelli in aria, ma interi imperi. E poi l’impero migliore si sbriciola in un miliardo di pezzetti che non potrai mai ridare su. È impossibile.

Ultimamente passo un sacco di tempo in compagnia di Marco, ma da lunedì cambiano le regole del gioco. Da lunedì iniziano le superiori e dal lunedì dopo inizio anche io. E non c’è più tempo per fare i ruffiani e farsi i grattini, per avere la mia ombra dietro. Forse vorrebbe dire che starò tranquilla e che studierò e tutto, ma non ne sono così sicura. Anche perché va nella mia stessa scuola e quindi mi prodigherò per dispensargli tutte le dritte possibili. Non voglio vederlo bocciato, il mio fratellino.
Le tartarughe sul mio pigiama mi stanno antipatiche. Mi sono sempre piaciute, ma stasera non posso vederle. Perché sorridono, quelle stronze. Sorridono come io non posso fare. Io che mi è capitato di rileggere i messaggi di quando avevo il cell vecchio, tutte le scemenze che ci dicevamo e a cui credevamo. E diceva, tu non puoi amarmi soprattutto perché io non sono in grado di amare te alla stessa maniera. Perché io mettevo tutta me stessa in quello che facevo. E lui che ha voluto essere il primo. Avresti dovuto renderti conto di cosa avrebbe portato come conseguenza una scelta del genere. Avresti dovuto pensarci prima di farmi stare con te così tanto da farmi diventare dipendente come una drogata. E invece stasera le mie tartarughe sghignazzano dalle maniche e io non ho neanche più lacrime da piangere.
Ed è tutta colpa dello scemo. Hai capito? È tutta colpa TUA. E io sono ben felice di dartela, la colpa. Prenditela tutta, tutta quella che ti spetta, prendila tutta. Darò fuoco a quella tua dannata coda di paglia una volta o l’altra.
È che non ho nessuno da cui andare a piangere, anche se ci riuscissi. Non posso chiamare nessuno nel cuore della notte, anche se delle volte bisognerebbe, come nei film americani. Non ha senso farsi vedere felici, perché è solo l’ennesima maschera. Solo l’ennesima ipocrisia in un mondo di ipocriti.
E sapete cosa vi dico? Fottetevi tutti, io non sono una di voi.

Accendi una luce

E così ho mollato lo space. Un anno, mi è durato. Un anno, poi mi sono trasferita anche io. Gli spaces sono rognosi, diciamocela tutta. E io che sono una che scrive a tutte le ore, non mi accontentavo di un blogghino come quello. Tanto valeva scrivere sul quaderno. Non è che si scrive sul blog perché la gente lo legga e si faccia i fatti tuoi, non è che lo space non me lo leggeva nessuno. Oddio, non lo leggeva nessuno no, ma non è questo.
Diciamo che semplicemente mi andava di cambiare. E cambiamo.
Il titolo è ancora "macchie d'inchiostro", ma l'url l'ho cambiata. Accendi una luce, dice. Accendiamo una luce nella vita, facciamo un po' di chiaro dove mettiamo i piedi. Facciamo un po' di luce e sbrogliamo le idee che ho nella testa.
La felicità la si può trovare anche negli attimi più tenebrosi,
se solo uno si ricorda di accendere la luce.