lunedì 8 novembre 2010

Cazzate di mezzogiorno e mezzo

Ooh, chebbello, eccomi di nuovo qui a Venezia, in ostaggio dell'acqua alta, a scrivere sul solito computer a manovella dell'università. Cascasse una pannocchia se non mi compro il portatile. E tra l'altro, puro caso, piove.
Come tutti i lunedì (io odio il lunedì), sono in coma profondo. Perché finisce sempre che la domenica sera chiudo la tivvù alle dieci e mezza e poi, per un motivo o per l'altro (tipo: pensieri cretini, trip coinvolgenti, devo andare in bagno, cazzeggio al cell cercando di raccogliere tutte 25 le palline rosa di bounce) non mi addormento mai prima di mezzanotte passata. E poi la mattina avrei bisogno di un supplemento di letto, perché alle 6.13 non riesco neanche ad apriregli occhi, altro che tirarmi su.
Ieri sera ho pensato, a scelta nell'ordine, a queste cazzate:
- vestito di carnevale. Io dovrei fare topolino, ho già pronto lo stampo delle braghette. La Marta ha detto che si veste da armadio di Narnia (ho riso tre ore quando ce l'ha spiegato), gli altri non so. Stavo pensando che Marco potrebbe davvero fare il funghetto che ha sulla felpa, calottina verde a puntini e faccia sbiancata e via. Allora mi sono messa a pensare dove avevo visto lo stampo per la cappella del fungo che volendo si può modificare, perché quella che dico io sul giornale è troppo larga. Sono deficiente.
- potrei sentire lo scemo, domani, ma anche no. Vediamo.
- cosa faccio io domani nelle quattro ore buche? A tradurre spagnolo mi scazzo, specialmente perché è Pirandello, che mi ci vuole il vocabolario apposito pirandellese-italiano per capirci qualcosa, prima di italiano-spagnolo.
E approposito di tradurre spagnolo, sarà meglio che torno a darmi da fare, perché è già mezzogiorno e mezzo e ho tradotto (alla cazzo, tra l'altro) solo una colonna della prima novella (senza molto senso, tra l'altro) e devo ancora mangiare (che oggi ho il panino col prosciutto che non mi fa voglia come la mortadella). Poi, grazie a dio, alle cinque asono a casa. Biblio. Marco. L'ho minacciato che gli insegno il gioco dello spago. No, non so come si chiama. Me l'ha insegnato mia madre, lo giocavano loro da piccoli. A dire il vero, è un po' una cazzata, ma so già che ci metterò un secolo per insegnarli le mosse. L'importante è che ci entrino in testa per domenica. Ahggià, ci mancava solo domenica.

1 commento:

  1. Pirandellooooooooo
    E quando si combina il pensiero di Pirandello con quello dello spagnolo, ecco che nella mia mente si affaccia Miguem de Unamunooooo!

    Scusa, ma a sciocco computer e tastiera belga si sposa uno sciocco commento.

    Ad ogni modo, l'Armadio di Narnia e' il top.

    Ps, con tutta probabilita' (non ci posso credere!!! questi scemi belghi hanno la µ a posto della a accentata O.o) stiamo cazzeggiando nello stesso momento!

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