giovedì 31 maggio 2012

kat e la valigia

Per la serie “sputtaniamoci pubblicamente”, ho iniziato a fare la valigia. Che poi, io posso iniziare anche una settimana prima, farmi la lista delle cose importanti e robe del genere e poi rendermi conto a metà strada (o peggio, all’arrivo) che mi sono dimenticata qualcosa di fondamentale. Tipo stanotte ho sognato che mi ero dimenticata il caricabatterie del cellulare e anche quello della macchina fotografica. Infatti sono corsa a metterli dentro immediatamente.
Insomma mia madre ha detto che un sacco di gente ha un trolley come il mio e ci fa stare vestiti per una settimana più lenzuola e asciugamani e tutto il resto. Evidentemente, o lei conosce solo maschi, oppure io non sono in grado di fare la valigia, perché sono arrivata al livello della cerniera quando ancora dovevo iniziare a mettere i vestiti. Grazie a Dio ha l’estensibile sul coperchio, ma lo stesso per chiuderla credo che dovrò fare una magia tipo quella di Hermione per allargare la borsetta o qualcosa del genere. Sì, perché è pur sempre montagna e il tempo fa quello che vuole, quindi ci ho messo dentro una felpa grossa e un fina e un maglione (mia madre, non guardate me) e i pantaloni lunghi e quelli al ginocchio e i calzini corti e quelli lunghi e tutto così, e quindi grazie al cavolo che poi non si chiude.
Non parliamo nemmeno dello zaino, che mi sono portata via solo due libri (male che vada c’è una biblio da qualche parte) ma ancora è pieno di tutto, stracci e guanti e detersivo e cose del genere. Non so le vettovaglie dove le metterò (certo, perché essendo sabato 2 giugno festa, abbisogno di cibo per almeno due giorni, altro che andarlo a comprare lì), per non parlare di dove farò stare gli scarponi. Presumo sparsi per la macchina.

martedì 29 maggio 2012

Biciclando e la montagna

Sono passati i bei tempi in cui avevo dodici anni e la giornata era sempre troppo corta e metà la passavo in bici a pedalare avanti e indietro coi miei amici, a vedere chi andava più veloce e chi aveva la mountain bike metteva la marcia più alta che aveva, che si faceva una fatica bestiale, ma si correva più veloci.
Oggi sono stata in biblioteca a Ponte a prendere tre libri per la montagna (poi vi racconto) e a tre quarti di strada le mie ginocchia hanno iniziato a lamentarsi, e mi sono chiesta chi me l’aveva fatto fare di prendere la bici, quando c’era a casa la macchina. Giusto perché lo sappiate, la biblio di Ponte dista da casa mia più o meno tre chilometri, non quindici. La conclusione logica, a parte che sono fuori allenamento ed è abbastanza logico visto che gli ultimi anni nono ho corso molto in bici (e gli ultimi mesi ancora meno), è che sono assolutamente e irrimediabilmente decrepita, e non ci si può fare niente, tranne forse farmi un corpo bionico con delle giunture nuove.
Lamentazioni a parte, sabato parto per la montagna. Lo so che vi avevo detto che sarei partita ad agosto, ma i miei mi hanno convinta ad andare adesso, che ad agosto c’è una valanga di gente e tutte le belle cose da fotografare (tipo i fiori) ci sono adesso e non tra due mesi. Quindi ho trovato un buco monolocale per una settimana in bassissima stagione (il che non ha impedito all’agenzia di farmi lo stesso un prezzo che mi pare un po’ alto), che non è neanche in culo a una salita, è sulla strada principale (in semi-piano) e per arrivare in centro ci vogliono poco più di cinque minuti, camminando senza strascicare i piedi.
Per sabato, domenica e lunedì le previsioni mettono pioggia, ma poi non si sa mai. In montagna la pioggia è abbastanza relativa, e poi quelli di Falcade hanno un proverbio che non sbaglia un colpo: “se il Civetta mette il cappello, meglio preparare l’ombrello”. Significa che se sopra al monte Civetta ci sono delle nuvole pioverà quasi sicuramente. E chi se ne frega delle previsioni del tempo.

lunedì 28 maggio 2012

Bibliosfoghi

Odio Sebina Open Library (il programma di prestito e catalogazione del servizio bibliotecario nazionale), odio quelli del centro servizi biblioteche e i numeri di inventario che non tornano, odio chi catalogava prima di me che ha fatto confusione, odio le copie doppie e triple di Stilton, odio chi non inserisce nell'indice i libri nuovi che così non posso catalogarli.
Odio le letture animate e i bambini che arrivano con quaranta minuti di ritardo perché il pullman non va a prenderli e potrebbero farsi cinquecento metri di strada a piedi, che non muoiono mica.
Odio la pila di libri da catalogare, che se metti il titolo trovi venti edizioni e tocca sempre batttere l'ISBN e casualmente dice "nessun risultato trovato in polo".
E odio i lettori che vogliono a tutti i costi un libro ancora da inventariare e che magari sta anche in mezzo alla pila.

venerdì 25 maggio 2012

Abbisogno di un consiglio

E siccome, a quanto si dice nella colonna di destra, ho 16 lettori fissi, mi piacerebbe che almeno due o tre di loro (mica tutti sedici) mi consigliassero, perché questo è uno dei dilemmi che magari a voi sembrano stupidi ma che per me sono grossi come una montagna perché comportano il doverne parlare con i miei. Dovete sapere che a casa mia riuscire a parlare di una cosa seria, tipo a cena o a pranzo, è praticamente impossibile, perché tanto mio padre guarda la tivù e guai a chi anche solo sussurra, che lui dice che non sente (anche quando le notizie le ha sentite già due volte a pranzo), e gli altri momenti non sono granché buoni. Ricordo ancora quanta fatica ho fatto per intavolare il discorso della macchina fotografica, e quanto avrei preferito fare un buco e mettermici dentro.
Il dilemma è il seguente: due notti fa (anche se da un po' ci pensavo) mi è venuta l'idea geniale di andare a farmi una settimana di vacanza in montagna. Ecco, di notte pareva geniale, di giorno un po' meno, ma succede sempre così. Dovete sapere che dalla seconda elementare alla prima superiore sono andata tutte le estati tre settimane in montagna coi miei in un posto che si chiama Falcade, che sta quasi sul confine col Trentino. Poi abbiamo smesso, perché io mi rompevo le scatole e perché anche i miei dicevano di avere altro da fare (come sempre, mia madre si fermava e mio padre veniva su per i weekend). Il concetto è che a loro non fregava niente della vacanza, ci portavano me per respirare aria buona e cose del genere, dato che sono sempre stata incline ai raffreddori e cose del genere. Gli ultimi anni siamo stati da un'amica di famiglia, che poi sarebbe dove andava in vacanza mio nonno (anche lui asmatico, anche quello è di famiglia), che si trova abbastanza in culo al paese, in cima a una salita che non finisce mai, ma è un posticino carino.
L'ho presa larga, ma non fa niente. Il concetto è questo: se io chiamassi la signora (sempre ammesso che sia ancora viva, sarà dalla quinta superiore che non la vedo più) e le chiedessi se per caso mi affitta l'appartamento per tipo la prima settimana di agosto (dopo i  centri estivi, per distrarmi. No, non mi hanno ancora presa, la selezione è martedì. E se mi prendono, i soldi dell'affitto posso metterli io, non voglio che i miei paghino per me) e lei mi dicesse che va bene, ammesso che lo affitti ancora, e io mi facessi portare su in macchina da mio padre e mi facessi venire a prendere il sabato successivo? Il concetto è: non voglio la macchina, che intanto in montagna non so guidarla e poi così devo andare a piedi e un po' di esercizio fa sempre bene. E poi dovrei arrangiarmi, e farmi da mangiare e pulire, e alzarmi presto per prendere il pane e fare la spesa, e poi magari nel pomeriggio posso fare una passeggiata con la macchina fotografica e riempire tutti gli otto giga di memory che ho. Oppure un giorno posso anche farmi un panino e andare a rifugi (magari uno in cui sono già stata, che non vorrei mai perdermi) e se piove posso sempre andare in biblioteca a prendermi qualcosa, mi daranno un libro da leggere.
La domanda per voi è questa: tutto quello che per me l'altra notte era una meravigliosa idea è effettivamente sensato? E se lo è e trovate che io debba buttarmi nell'impresa, come cazzo mi consigliate di dirlo ai miei?
Mi sento molto stile yahoo answers a chiedere una cosa del genere, ma ho davvero bisogno di qualche altro parere.

giovedì 24 maggio 2012

Recensioni: Alice nel paese della vaporità

Alice nel paese della vaporità è un romanzo steampunk di Francesco Dimitri.
Attenzione: anticipazioni sulla trama.
Alice Liddell è un'atropologa londinese, ma di una Londra che non è mai esistita, con le macchine a vapore e tutte quelle altre atmosfere steampunk che se avete letto qualcosa del genere avete presente. Un giorno decide di oltrepassare la barriera che si alza tra Londra e la Steamland e addentrarsi in questa terra invasa dalla vaporità, una specie di nebbia che provoca mutazioni genetiche e allucinazioni. Lì incontra tutta una serie di creature, tra cui il famoso Coniglio Bianco (poffare, poffarissimo, è tardi, è tardi, è tardi!), che però non sta correndo dalla regina, bensì è alla ricerca proprio di Alice. E non è neanche un tenero coniglietto, è assolutamente un mostro.
Dimenticatevi la Alice Liddell col vestitino azzurro, i capelli biondi e un gatto chiamato Oreste. Dimenticate lo Stregatto a righe e il Coniglio Bianco in ritardo che guarda l’orologio da taschino. Dimenticate anche il re e il fante di cuori e tutto il mazzo di carte. La regina potete tenerla, anche se non è lei che taglia le teste.
Viene da pensare che Francesco Dimitri fosse completamente fatto di vaporità mentre scriveva il libro, perché vi giuro che certi discorsi rasentano il nonsense puro, in stile Carroll. Il resto butta sulla filosofa e sull’assurdo. E neanche le parti di Ben sono particolarmente sensate, oppure sono io che mi sono persa qualcosa. E sapete, quando ho letto che Marty era il ragazzo-dodo e che Alice avrebbe incontrato una specie di Brucaliffo, mi sono chiesta quanto mancava perché saltassero fuori Pinco e Panco, il Tricheco e il Carpentiere (con le ostrichette), Biagio (lucerto, eccellenza!) e il Cappellaio Matto. Poi ho capito che non sarebbero arrivati, o almeno non come li aspettavo io. Però, se volete, il Cappellaio potrebbe essere Zap, completamente perso nei fumi della vaporità.
Alice nel paese delle meraviglie è una delle mie storie preferite, anche se l’ho sempre trovata ingarbugliata e difficile (se lo trovate stupido, provate a pensare di leggere la versione integrale compreso attraverso lo specchio a nove anni e mezzo e poi ne riparliamo) e non vi dico nemmeno quante volte ho visto il cartone, però anche le variazioni sul tema non mi dispiacciono, è interessante vedere cosa viene fuori.
Solo, permettetemi una cosa: Alice in copertina assomiglia terribilmente a Nihal, Dubhe e Adhara e, per quanto mi piacciano i disegni di Paolo Barbieri, inizio a pensare che o ha sempre la stessa modella o le guerriere per lui sono tutte fatte con lo stampino.

mercoledì 23 maggio 2012

Pensate.

Giovanni Falcone (Palermo, 18 maggio 1939 – Palermo, 23 maggio 1992) è stato un magistrato italiano. Assassinato insieme alla moglie e alla scorta dalla mafia, è considerato un eroe italiano, come Paolo Borsellino, di cui fu amico e collega.
Paolo Borsellino (Palermo, 19 gennaio 1940 – Palermo, 19 luglio 1992) è stato un magistrato italiano, vittima della mafia. È considerato un eroe italiano, come Giovanni Falcone, di cui fu amico e collega.
(da Wikipedia)

Ve li ricordo entrambi oggi, che tra 57 giorni non sono sicura di avere tempo per fare un post uguale sull'altro. E, a dirvi la verità, ormai è tutta l'Italia ad essere una montagna di merda.
Io nel 1992 avevo due anni e mezzo, e non mi ricordo assolutamente niente, né dell'attentato né del telegiornale, né di loro e tutto quello che succedeva. Ma questo non significa che posso fare finta di niente.


Ci sono stati uomini che hanno scritto pagine,
appunti di una vita dal valore inestimabile
insostituibili
perché hanno denunciato il più corrotto dei sistemi, troppo spesso ignorato
uomini o angeli mandati sulla terra per combattere una guerra
di faide di famiglie.

Ci sono stati uomini che passo dopo passo hanno lasciato un segno
con coraggio e con impegno
con dedizione
contro un'isituzione organizzata, Cosa Nostra.


Ci sono stati uomini che sono morti giovani
ma consapevoli che le loro idee sarebbero rimaste nei secoli
intatte, reali, come piccoli miracoli.

Ci sono stati uomini che hanno continuato
nonostante intorno fosse tutto bruciato.

martedì 22 maggio 2012

Ciambella paradiso

Premessa: quando mio padre va a trovare i parenti torna sempre a casa con un sacchetto di uova, e noi non sappiamo mai come fare per usarle tutte. Oggi pomeriggio eravamo a quota sedici. Allora mia madre ne ha sbolognate quattro a sua sorella e con altre quattro ha fatto uova ripiene e frittata per cena. Per le altre ha detto a me di pensarci, e l’unico modo che conosco per romperle è fare dolci. Quindi ecco a voi la mia ultima creazione.
A proposito, il nome gliel'ho messo io perché mi ricorda quella merendina, sapete, la Kinder Paradiso, e mi pareva che suonasse bene.

Ingredienti
3 uova
125 gr burro
300 gr zucchero
300 gr farina
180 ml latte
1 fialetta aroma rum (se preferite, anche limone va bene)
1 pizzico sale
zucchero a velo

Procedimento
Tirare fuori dal frigo il burro con un po’ di anticipo, in modo che sia morbido. Battere le uova con il burro e lo zucchero finché si ottiene una crema bella liscia. Aggiungere aroma, sale e farina. A questo punto, quando la consistenza è quella classica di un dolce, aggiungere il latte. Mescolare bene. Diventa molto liquido, del genere che quando è ora di versarlo nello stampo basta rovesciare la ciotola, senza doverlo staccare col mestolo.
Imburrate e infarinate uno stampo da ciambelle e mettete a cuocere in forno preriscaldato a 180° per 30 minuti.
È probabile che si crepi (per via del latte), ma non fa niente perché tanto la parte superiore della ciambella è quella sul fondo dello stampo.
Quando si è raffreddato un po’, spolverizzate con lo zucchero a velo.
Consiglio gustoso: se avete cioccolato che vi avanza, potete frantumarne un po' e buttarlo nell'impasto.

Postilla: se c’è una cosa che odio più di imburrare uno stampo, è imburrare uno stampo col buco (e non parliamo nemmeno della teglia da muffin o dello stampo gugelhupf), quindi se avete in previsione di fare molte ciambelle e non vi volete male, comprate uno stampo in silicone. Fidatevi di me.


domenica 20 maggio 2012

E la terra tremò

Stanotte, come avete sicuramente sentito al telegiornale, c'è stata una scossa di terremoto di 5.9 Richter a Ferrara. L'ho sentito anche io, che da Ferrara a casa mia saranno almeno 120 km (in linea d'aria). Il punto è che il letto mi è tremato sotto la schiena ma non mene ero resa conto. Niente scene di panico o cose del genere, ero troppo rincoglionita per rendermi conto che forse era il terremoto. Me ne sono resa conto dopo, quando mio padre si è alzato e ho guardato l'orologio, ma ormai era finito. Anzi, a dire la verità non ero neanche sicura che fosse vero, propendevo più per il sogno realistico. Solo che stamattina, quando mi sono svegliata, ho trovato un messaggio che mi chiedeva se era tutto ok, e mi sono convinta che non me lo ero sognata per niente. Va tutto bene, comunque.

sabato 19 maggio 2012

Addio, Melissa

È nostra la libertà di dire
che gli occhi sono fatti per guardare
la bocca per parlare
[…] in fondo questa vita non ha significato
se hai paura di una bomba o di un fucile puntato.

Volevo passare di qua a raccontarvi della gente del venerdì sera e di come hanno apprezzato la mia macchina fotografica, ma in realtà non c’è niente di divertente in questa giornata.
Ti svegli e scopri che una ragazza di sedici anni, come tante che conosci, non c’è più. E lei no, non la conoscevi mica, ma non fa differenza, perché a sedici anni a scuola l’unica cosa di cui i ragazzi dovrebbero morire è di noia, non saltando in aria con una bomba.
Non c’è altro da dire.

giovedì 17 maggio 2012

Progetti di vita

Se avessi un cazzo di lavoro mi comprerei un monolocale, grande il minimo indispensabile per faci stare dentro una mini-cucina, un mini-bagno, un letto e il mio amico computer. E andrei ad abitare lì, magari morendo di paura di notte per via dei ladri ma almeno potendo fare quello che mi pare, se mi va di lavare i piatti a pranzo bene, sennò li lavo a cena. Se mi va di fare il letto quando mi alzo la mattina bene, sennò torno a dormire senza tirarlo su. Se mi va di passare lo straccio tre volte al giorno lo faccio e sennò lo passo una volta alla settimana. Se mi va di cantare col tubetto della colla come microfono lo faccio, senza dover sentire che mia nonna/mio padre dorme. E se mi va di stare al computer a scrivere fino all’una di notte lo faccio e poi se al mattino mi devo alzare presto è solo un problema mio, che l’ispirazione non dà preavviso. E soprattutto nessuno mi romperà le palle e mi lascerà i piatti da asciugare ancora lì dopo un’ora che sono lavati, e nessuno mi dirà di tornare in bagno a chiudere il coperchio del water e ad asciugare le gocce di acqua sul lavandino, o di scopare via due briciole di pane di numero dal pavimento.
Penserete che sono disordinata, il che è parzialmente vero, ma più di tutto sono stufa di perdere tempo e farmi venire l’ulcera a sentire mia madre che mi comanda a bacchetta.

mercoledì 16 maggio 2012

Recensioni: La meccanica del cuore

La meccanica del cuore (La mécanique du coeur) è il terzo libro di Mathias Malzieu, il primo tradotto anche in italiano. La copertina è illustrata da Benjamin Lacombe.
Attenzione: anticipazioni sulla trama.
Jack nasce nel giorno più freddo del mondo e la sua levatrice, che è una specie di strega, dottoressa e anche meccanico, per farlo vivere gli impianta sul cuore un orologio a cucù e gli insegna che non dovrà innamorarsi mai, altrimenti gli ingranaggi del suo cuore funzioneranno male e lo uccideranno. Il suo decimo compleanno Jack conosce Miss Acacia, una bambina cantante andalusa e decide di seguirla fino in Spagna, perché è innamorato follemente e non può resistere senza vederla. Passando per Parigi, incontra Georges Méliès, illusionista, orologiaio e (non ancora) pioniere del cinema, che si unisce a lui. A Granada però le cose non vanno troppo bene, e il finale, benché sensato, è assolutamente desolante.
Come al solito mi sono fatta fregare dalla copertina, il che non è poi un grosso problema finché prendo i libri in biblioteca. Sarebbe ben più grosso se li comprassi.
Domenica, mentre ero a Rimini (sotto al diluvio universale), sono passata davanti alla vetrina di Feltrinelli, dove c'erano in bella vista quattro o cinque copie di questo libro. Mi sono fermata a commentarne la copertina con Bruno, e il giorno dopo l'ho preso in biblioteca da me. Una delusione totale. Se proprio volete comprarlo, assicuratevi di avere 15 euro di cui non sapete proprio come liberarvi, perché altrimenti non vale la pena (e poi, con 15 euro potreste anche comprare un altro libro, perché proprio questo?).
L'idea di partenza non è male, anzi, è quasi bella quanto la copertina, ma poi non è sviluppata granché bene (anzi, se devo dirvi la verità, mi è parso di trovarci anche qualche anacronismo, o forse era solo un'impressione). L'unico personaggio interessante avrebbe potuto essere Georges Méliès, ma dopo aver letto La straordinaria invenzione di Hugo Cabret non riesco a immaginarmelo diverso.

lunedì 14 maggio 2012

Rimini e la pioggia

Ho come il sospetto che nemmeno la gita s'aveva da fare, ma siccome era in calendario da un pezzo, ieri mattina siamo partiti sotto la pioggia e, dopo tre ore e mezza di pullman siamo arrivati a Rimini, dove ci siamo infradiciati per bene. Per non parlare di quanto ci siamo infradiciati a San Marino, e di quanto non si vedeva a un metro di distanza per via di non lo so, una nuovola bassa o un banco di nebbia che avvolgeva la città in stile Fantozzi. Comunque pazienza. Io sono stata in compagnia di Bruno tre orette, che è esattamente il motivo per cui mi sono sciroppata il viaggio, e gli ho strappato la promessa che la prossima volta sarà lui a venire a trovare me. O almeno, sarebbe equo. 
Ho fatto anche un po' di foto, ed è più il tempo che ho perso ad asciugare maniacalmente la macchina fotografica che quello che ci mettevo a scattare, ma non fa niente. Dopo tutti i soldi che ho speso per prenderla, nessuna premura è esagerata. Se volete vedere un po' di mondo, schiacciate qui. Quasi tutte quelle di San Marino le ho scattate in bianco e nero, che tanto è esattamente quello che si vedeva anche a colori.
In corriera, dopo averci scattato un paio di foto, la Giò si è messa a ricordarmi quanto figo è Bruno e cose del genere, come se non me ne fossi accorta da anni, e io le ho ricordato che però abita a duecento chilometri da casa mia, ma in realtà facciamo finta che non sia un problema. Solite cose, insomma. La verità è che già mi manca, non dovrei vederlo mai.

giovedì 10 maggio 2012

Rospi fotogenici

Oggi pomeriggio faceva così caldo che era il giorno giusto per andare al mare ad abbrustolirsi, altro che l'altro ieri. Mi sono messa per un po' a fare la lucertola al sole con la speranza di fare un po' meno luce con la mia bianchezza, ma non ha funzionato perché ben presto sono arrivati i miei cugini-rospi (6 e 9 anni) a tediarmi. Il punto è che dovrebbero stare da mia nonna, ma vengono sempre da me. Allora, siccome so che loro si godono un mondo (e io sono sempre alla ricerca di cavie che si prestino) sono andata a prendere la macchina fotografica e mentre loro facevano gli scemi gli ho fatto un set.

mercoledì 9 maggio 2012

Recensioni: Jack Frusciante è uscito dal gruppo

Attenzione: anticipazioni sulla trama.
Jack Frusciante è uscito dal gruppo è il primo romanzo di Enrico Brizzi. Pubblicato per la prima volta nel 1994 quando l’autore aveva vent’anni, è ambientato nel 1992. Non è mai detto esplicitamente, ma ci sono degli indizi che a questa quarta lettura mi hanno fatto identificare l’anno. Si parla della morte di Paolo Borsellino, senza farne il nome (l’alternativa sarebbe stata Giovanni Falcone, ma lui è morto a luglio, quindi troppo avanti), si parla degli europei di calcio vinti dalla Danimarca. Ma a dire il vero l’anno preciso non è importante ai fini della storia. Infatti, come ho detto, ho identificato l’anno solo alla quarta rilettura. Le altre volte ero troppo presa dallo stile tutto strano e dalla storia di Alex e Aidi.
La prima volta avevo quattordici anni e Alex era uno dei ragazzi grandi che si vedevano fuori da scuola, che si fanno belli agli occhi dei piccoli, con le ragazze e gli amici, che tu di prima te li potevi sognare.
La seconda volta avevo diciotto anni, e Alex aveva poco meno della mia età, all’inizio della storia lui e Aidi non fanno trentatré anni e mezzo in due, e apparteneva al passato, era uno dei ragazzi più piccoli che si vedevano fuori da scuola, che andavano in marina e tutto il resto, che tu in quinta te lo sognavi, perché bisognava studiare per la maturità.
Adesso Alex è l’immortale, lui e Aidi saranno per sempre nella mia testa i ragazzi che avrei voluto conoscere, quelli che quando io avevo tre anni loro ne avevano diciassette, quelli che nemmeno il Grande Volo per l’America li avrebbe separati.
Mi prenderete per cretina, ma stanotte quando ho chiuso l’ultima pagina, che sapevo benissimo come andava a finire, che non c’era niente di diverso dalle altre volte, stava venendo da piangere anche a me, ma non era per il fatto che correvo in bici come il vento.
La mia prof di italiano dei biennio ce l'aveva dato da leggere per le vacanze della prima superiore, insieme a una lista di altri ventinove libri (tre a scelta) e a volte mi chiedo ancora cosa mi ha spinto a prenderlo dallo scaffale. Per fortuna che l'ho fatto, però.
E l'ho letto con la mappa di Bologna aperta sul cellulare, in cerca di via Codivilla e porta San Mamolo, a vedere la strada che faceva Alex in bicicletta, come un Girardengo appena un po' più basso e rock.

martedì 8 maggio 2012

Muffin con yogurt e gocce di cioccolato

Ingredienti
2 uova
180 gr zucchero
50 gr burro
1 yogurt bianco
30 ml latte
1 bustina vanillina
sale (un pizzico)
250 gr farina
1 bustina lievito
80 gr gocce di cioccolato

Procedimento
Lasciare ammorbidire il burro fuori dal frigo e montarlo con uova e zucchero fino a ottenere una crema. Aggiungere il latte, la vanillina e lo yogurt e un pizzico di sale. Mescolare bene fino a che non ci sono più grumi. Aggiungere farina e lievito e mescolare bene, finché non ci sono più grumi di nuovo, se è troppo solido si può aggiungere un altro po’ di latte. Aggiungere all’impasto le gocce di cioccolata (io non ne avevo, ma siccome ho ancora più di metà del famoso uovo di pasqua, ho frantumato un po’ di quella e ha funzionato benissimo lo stesso).
Imburrare e infarinare una teglia da muffin (ma io vi consiglio vivamente quella di silicone, che non bisogna farci niente) e riempire gli spazi per ¾. Preriscaldare il forno e  cuocere a 180° per 20 minuti.



domenica 6 maggio 2012

Sale e zucchero

In cucina abbiamo tre barattoli bianchi coi coperchi di tre colori diversi. Dentro ci sono sale fino, sale grosso e zucchero. Il sale fino sta a sinstra e ha il coperchio arancione chiaro, il sale grosso sta al centro e ha il coperchio rosso, e lo zucchero sta a destra e ha il coperchio azzurro. Sui barattoli non c'è scritto cosa c'è dentro, e da fuori non si vede.
A volte mi chiedo: se i barattoli venissero scombinati, per prendere lo zucchero allungherei la mano verso quello di destra o verso quello col coperchio azzurro? Nel senso, tra la posizione e il colore, su quale farei più affidamento? Istintivamente penso che prenderei quello col coperchio azzurro, ma poi chissà. Il cervello lavora in modi così strani.

giovedì 3 maggio 2012

Let's reflex/2

Tenetevi forte.
Non ci credo ancora neanche io, ma oggi pomeriggio sono stata a comprarmi la macchina fotografica. La tipa del negozio voleva vendermi a tutti i costi la Canon Eos 1100D, che è praticamente il modello più terra-terra che fanno, ma alla fine l'ho spuntata io e mi sono portata a casa la 600D, alla faccia della tipa che mi aveva presa per una cretina che non sa neanche da che lato si guarda nel mirino. A mio padre quando ha visto il prezzo stava per venirgli male, ma gli ho detto che l'avrei pagata coi miei soldi e infatti così è stato.
Giuro, ancora non ci credo, neanche se ce l'ho qua accanto e la guardo ogni tre secondi.

mercoledì 2 maggio 2012

Tanti auguri, nonna

I’ll be there in a heartbeat.

È strano come tendiamo a dimenticare i compleanni delle persone che non ci sono più.
Poi oggi non è stata una gran giornata, e nemmeno ho pensato a lei, avevo delle rogne ben più grosse perché sono ogni giorno più cretina e non sono capace di tenermi le cose per me quando è ora. Ma adesso sono qui per rifarmi, sono ancora in tempo.

My soul is broken
streets are frozen
I can't stop these feelings melting through
and I'd give away a thousand days,
oh, just to have another one with you.

martedì 1 maggio 2012

Recensioni: Un segreto non è per sempre

Un segreto non è per sempre è un romanzo giallo di Alessia Gazzola. Della stessa autrice potete trovare in libreria anche il precedente, L’allieva, che sinceramente ritengo di un livello più basso, ma considerato che è un libro d’esordio non posso neanche lamentarmi troppo. Ho letto di peggio.
Attenzione: anticipazioni sulla trama.
Alice Allevi è una specializzanda all’Istituto di Medicina Legale di Roma. Lei è un po’ in wonderland e i suoi capi, il Supremo e la Wally sono uno peggio dell’altro. Anzi, sembra di capire che la Wally sia peggiore. Tra l’altro, Alice ha una storia col figlio del Supremo, ma questo non cambia niente. Sopra di lei ci sono anche altri due medici, il dottor Anceschi e il dottor Conforti. Un giorno vengono incaricati di procedere con una perizia psichiatrica sul noto scrittore Konrad Azais che i figli vogliono far interdire, e qui veniamo a conoscenza di tutto l’harem Azais, quattro fratelli e mogli e figlie e badante, ma sul momento non sembra fondamentale. Pochi giorni dopo, però, Konrad Azais viene trovato morto. Apparentemente sembra una morte naturale, ma accanto al cadavere viene trovata una lettera che sembrerebbe scritta dallo stesso Azais annunciando il suicidio. Da questo momento in poi, iniziano le indagini dell'ispettore Calligaris e di Alice, che pur essendo un medico sembra più portata per fare la detective, e seguono una serie di situazioni ingarbugliate e di personaggi con cui fare confusione, fino alla soluzione finale. (E poi, non finisce. L’ultima frase ti fa venire voglia di comprare il seguente, perché sei curiosa come una scimmia).
Sapete, il primo non mi era piaciuto perché la copertina prometteva bene, con seghe da autopsia e cose del genere, e poi invece di autopsie non ce n’era neanche mezza. Poi ho capito che Alice non è come Tempe Brennan, è più come Bridget Jones. Che è non è tutto il giorno a pelare ossa e guardare se si incastrano bene tra loro, è più pasticciona e non ricorda quello che ha studiato prima di arrivare dov’è, e cerca di compiacere i superiori finendo solo per fare pasticci. Non è stupida, semplicemente non è una vera dottoressa, di quelle a cui siamo abituati.