sabato 31 agosto 2013

Recensioni: La notte dei desideri

La notte dei desideri (Der Wunschpunsch) è un fantasy per ragazzi di Michael Ende.
Attenzione: anticipazioni sulla trama.
Belzebù Malospirito, Consigliere d’Affatturazione, è nei guai fino al collo. È il 31 dicembre e la stravagante pendola ha appena battuto le cinque del pomeriggio quando arriva il signor Verme, inviato nientemeno che da Satana in persona a comunicargli che, se entro la mezzanotte, Malospirito non onorerà il contratto nel quale si impegna a compiere degli atti malvagi in determinati campi, sarà pignorato.
Malospirito cerca di discolparsi spiegando che il Gran Consiglio degli Animali, allarmato da tutto il male che ha finora compiuto, gli ha messo in casa una spia, un gatto grasso chiamato Maurice, ragion per cui Malospirito ha dovuto fare molta attenzione nell’esercizio della sua arte. Il signor Verme, in ogni caso, non sente ragioni, e promette di tornare a mezzanotte.
Di lì a poco, Malospirito riceve la visita della zia Tirannia Vampiria, che porta con sé il corvo Jacopo (anche lui spia del Consiglio degli animali) e metà di un lungo rotolo di pergamena e che è fermamente intenzionata a comprare, a qualsiasi cifra, l’altra metà che si trova nella soffitta del nipote. Belzebù Malospirito capisce presto che c’è sotto qualcosa, perché la zia non è una che ama spendere. Lei i soldi vuole guadagnarli. Dopo lunghe trattative, si scopre che la zia è esattamente nella stessa situazione del nipote, ovvero ha ricevuto una visita del signor Verme, e che le due metà della pergamena contengono la ricetta del famoso Satanarchibugiardinfernalcolico Grog di Magog, una bevanda che fa avverare tutti i desideri ma che funziona solo la notte di San Silvestro, e solo prima della mezzanotte. Il grog ha anche la particolarità che, per ogni desiderio, fa avverare il suo contrario, quindi zia e nipote possono tranquillamente farsi sentire dal gatto e dal corvo ad esprimere desideri meravigliosi, che si tramuteranno poi in catastrofi.
Mentre i due iniziano a preparare il grog, Jacopo e Maurice, che hanno origliato tutto il discorso, escono dalla finestra e cercano un modo per annullare l’effetto della pozione. Sanno che l’effetto invertitore viene annullato dal primo tocco delle campane di mezzanotte, ma l’idea di farle suonare prima del tempo non ha esito, perché in cima al campanile trovano San Silvestro in persona. Dopo che gatto e corvo gli hanno spiegato la situazione, il santo dà loro, congelata, la prima nota dello scampanio, perché la gettino nella boccia del grog.
Malospirito e la zia, inconsapevoli, iniziano quindi a tracannare il grog, un bicchiere a testa, e ad esprimere desideri di pace per tutto il mondo, credendo di ottenere l’effetto opposto…

I capitoli sono scanditi dai disegni della pendola, come a ricordare anche a lettore che il tempo stringe. E così, pendola dopo pendola, ti dici: "dai, dai, non ce la fanno in tempo a prepararlo e berlo e tutto", che ovviamente si porta sempre per i buoni.
In verità, tutti i buoni spunti della trama, che Ende ha usato per attaccarcele tutte, come dice mia madre (ossia, per dire le cose come stanno, approfittando della situazione), o almeno per provarci ad attaccarcele, non è che siano usati meravigliosamente. A momenti diventa fin troppo ripetitivo, ma è anche vero che io ho dieci anni di troppo e probabilmente un bambino non ci farebbe caso.
Malospirito e la zia fanno crepare dal ridere, anche se non so se fosse questo il suo intento. In compenso, Maurice è abbastanza ottuso, e Jacopo francamente non è esattamente il mio personaggio preferito.
Ci sono un po' troppe cose che succedono miracolosamente, o almeno così pare, a un occhio allenato come il mio, e forse sono semplicemente troppo critica, godiamoci la speranza che un giorno questa storia si avveri e che il mondo si sistemi.

giovedì 29 agosto 2013

Recensioni: Mi compri una ruspa (vera)?

Mi compri una ruspa (vera)? è un libro per bambini di Filippo Brunello, pubblicato nella serie arcobaleno del Battello a Vapore, quella dei libri scritti in stampato maiuscolo.
Attenzione: anticipazioni sulla trama.
Con una ruspa (vera) si possono fare un sacco di cose.
Per prima cosa, la mattina presto, le si dà l'olio (e ci si unge un bel po'). Poi si può andare a scuola ed entrare direttamente se è tardi, e una ruspa (vera) tiene a bada i bulli durante la merenda. Dopo pranzo, una ruspa (vera) sparecchia velocemente.
Con una ruspa (vera) si può andare al mare con gli amici, fare i castelli di sabbia e le piste per le biglie. E sulla strada di casa, ci si può fermare a raccogliere le ciliege, perché una ruspa (vera) ti alza quasi fino alla cima dell'albero.
Ma si fanno anche cose utili, come aiutare il nonno a piantare i pomodori, dondolare la nonna e scavare dei buchi belli fondi in cui Tom può nascondere gli ossi.
Insomma, a quanto pare, una ruspa (vera) è quasi meglio che avere un fratello!

Testo e disegni di questo libro sono di Filippo Brunello, che è illustratore, e che da piccolo, a quanto pare, adorava le ruspe. Il testo è (ovviamente) semplice, con frasi corte adatte a chi ha appena iniziato a leggere, e i disegni, grandi come tutta la pagina, fanno sbellicare dal ridere, ancora più del testo.
So per certo che la maggioranza dei bambini (maschi) ha un periodo nella vita in cui sono irrimediabilmente attratti da ruspe, camion e trattori, quindi, se avete un figlio piccolo con queste inclinazioni, è il libro che fa per voi (e per lui!).

lunedì 26 agosto 2013

Real gone


Oggi la mia canzone preferita è questa.
kat ♥ Cars

Aria di montagna

Ci sono mattine, tipo oggi, in cui ti alzi, apri la persiana, metti fuori il naso e dici: "Sa da montagna".
Sarà che ha piovuto.

sabato 24 agosto 2013

Esperimenti di kat: cartello promemoria 3D

Quando andavo alle medie i miei avevano la bruttissima abitudine di non bussare alla porta della mia camera prima di entrare. Una volta, mia madre mi ha beccata che mi stavo vestendo, ero in mezzo alla stanza con le braghe all’altezza delle ginocchia e le mutande in bella vista. All’epoca, mi scocciava parecchio che mi vedessero mezza nuda.
Siccome ripetere ottomila volte di bussare non era servito a niente, scopiazzai l’idea da un giornale, e mi costruii un cartello promemoria in 3D (io sì che ero avanti) da appendere alla porta. Se anche voi avete dei genitori, fratelli, nipoti o coinquilini (o anche figli, chi lo sa) che non sanno bussare, questo è ciò che fa per voi.

La qualità delle foto è orrenda, me ne rendo conto.
Vedo se riesco a farne di migliori e rimpiazzarle.

Cosa vi serve:
scatola di cereali, o cartoncino dello stesso spessore 20x30 10x15
carta stagnola
filo di ferro sottile
1 panno-spugna colorato (quelle per pulire la cucina vanno benissimo)
1 foglio bianco o colorato
matita & gomma
spago
tempera
stecca
colla
fobici

Come si fa:
Tagliate nella scatola dei cereali un rettangolo di 20x30cm. Al centro di questo rettangolo, disegnatene uno più piccolo, di 10x15cm e tagliatelo via, per ottenere una cornice.
Colorate con la tempera del colore prescelto la cornice ottenuta. Lasciate asciugare.
Tagliate nella carta stagnola un rettangolo un po’ più grande del buco (qualcosa tipo 15x20). Quando la cornice è asciutta, giratela e incollate sopra al buco la stagnola.
Prendete il panno-spugna e disegnateci sopra le lettere T, O e C, alte almeno 4cm. Ritagliatele. Prendete il fil di ferro e tagliatene un pezzo di circa 20cm. Infilateci le lettere di panno-spugna, tutte a destra, in modo da comporre il nostro TOC. La C non deve avere fil di ferro che sborda.
Fate due buchini sulla cornice, poco sopra la stagnola, e infilateci la parte sinistra del fil di ferro, fate un paio di giri nei buchi, per farlo stare solido. Dietro, per sicurezza, potete mettere un po’ di scotch.
Prendete ora il foglio e tagliate un quadrato (o un rettangolo) che stia dentro al rettangolo di stagnola (tipo 9x9 o una cosa così). Scriveteci su la vostra frase promemoria del tipo “se vuoi entrare devi bussare”, o quello che preferite.
Ora che tutti pezzi sono pronti, non ci resta che assemblare il cartello. Tagliate un pezzo di spago della lunghezza che vi serve per far arrivare il cartello alla giusta altezza sulla porta (o dove volete appenderlo). Fate un buchino in cima al foglio e uno sulla parte superiore della cornice (preferibilmente, il più centrato possibile, sennò poi pende). Infilate un capo dello spago nel foglietto e bloccatelo con un nodo, poi infilate lo spago sul buco in cima alla cornice e fate un altro nodo, in modo che il foglio cada in mezzo alla stagnola. Il resto dello spago vi serve per appenderlo. Sistemate il TOC piegando il fil di ferro, controllate che sia tutto all’altezza giusta, e appendete il vostro cartello promemoria in 3D.

Dettaglio del TOC

Suggerimenti simpatici:
- potete fare due TOC (che sarebbe quello il vero rumore che si fa bussando) e attaccarli con due diversi pezzi di fil di ferro, uno più su e uno più giù
- potete coprire la stagnola con un pezzo di cartone (preferibilmente ondulato) fermato su un solo lato da due pezzi di scotch, tipo una porta (il mio cartello all’inizio ce l’aveva, ma poi si è staccata), così chi bussa deve aprire per leggere il messaggio.

venerdì 23 agosto 2013

Recensioni: Shadowhunters - città di ossa

Shadowhunters – Città di ossa (The mortal instruments – City of bones) è un romanzo urban fantasy di Cassandra Clare.
Attenzione: anticipazioni sulla trama.
Clary Fray, una quindicenne newyorkese goffa e sfigata (lo dice lei, no? In più è anche nana e piatta) una sera decide di andare con il suo migliore amico, Simon (ancora più sfigato e goffo di lei), al Pandemonium, una discoteca di New York. Mentre ballano, Clary vede un ragazzo coi capelli blu, che per tutto il tempo in cui rimarrà nel libro non avrà mai un nome, entrare in un magazzino senza essersi accorto di essere seguito da altri giovani armati. Clary, che pensa di poter tenere testa a due tizi muniti di coltelli (e Dio solo sa cos’altro), entra anche lei nel magazzino e scopre che il tizio coi capelli blu è un demone e che gli altri sono Nephilim, che in teoria lei non dovrebbe riuscire a vedere, ma li vede. Vede anche il corpo del demone che sparisce nel nulla. Simon lo sfigato, arrivato coi rinforzi, la trova nel magazzino a guardare il muro come una deficiente.
Qualche giorno dopo, siccome Clary non è fortunata neanche un po’, un demone ha la meravigliosa idea di attaccare a casa sua, e guarda caso, Jace, uno dei ragazzi coi coltelli (che si fanno chiamare Shadowhunters, o Cacciatori), arriva a salvarla. La portano quindi all’Istituto, che è il luogo in cui vivono gli Shadowhunters di New York, e lì Clary scopre che anche sua madre era una Cacciatrice, anche se ha fatto di tutto per impedire che Clary lo sapesse, arrivando a cancellarle la memoria. La madre, intanto, è stata rapita e nessuno ha la minima idea di dove si trovi.
Con l’aiuto di Jace, Isabelle e Alec (il quale è gay, e Clary se ne accorge dopo tre minuti, invece Jace, che lo conosce da una vita non se n’è mai accorto, il che è francamente assurdo), trovano Magnus Bane, lo stregone che le ha periodicamente cancellato la memoria, che gliela fa riavere, e poi scoprono anche che Valentine, un cacciatore rinnegato che aveva sconvolto molti anni fa il Mondo Invisibile, sembra essere ritornato e a lui sembra essere legata la scomparsa di sua madre. Il piano di Valentine è quello di trovare la Coppa Mortale, un calice con il quale si possono creare nuovi cacciatori di demoni, per riportare la purezza nel mondo (non vi ricorda qualcosa?). C’è ovviamente qualcuno che fa il doppio gioco, e così Jace viene rapito e Clary, facendosi aiutare da un esercito di lupi mannari, vanno alla ricerca di Valentine. Lo trovano, ma lui fugge con la coppa, e lascia dietro di sé una rivelazione: Clary e Jace sono fratelli, e lui è il padre di entrambi. Ho omesso di dirvi che Clary e Jace si erano baciati due volte un centinaio di pagine prima. L’avrei strozzato.
Fine del primo libro.

Ci sono parti così dementi, che scriverci una recensione cattiva dovrebbe essere una passeggiata. Nelle prime sessanta pagine sono riuscita a trovare tre volte frasi che la Meyer aveva usato per descrivere Edward (come Edward chi, Edward Cullen, no? Chi altri ha i capelli color bronzo e gli occhi dorati e per di più, quando non ha niente da fare suona divinamente il pianoforte?), la porta del castello errante di Howl, la spada di Percy Jackson e poi un miliardo di citazioni (rivedute e corrette) di Harry Potter. Per primo c’è il demone che parla come il basilisco “uccidere, fare a pezzi, squartare”, poi più avanti c’è la signora Figg (Dorothea), la moto volante di Sirius, i Fratelli Silenti che fanno il legilimens, la foto dell’Ordine della Fenice… ops, ho sbagliato libro. Poi c'è di nuovo Percy Jackson, stavolta con la Foschia, i Doni della Morte, il Paiolo magico, Voldy...
E quando stanno combattendo contro il demone a casa di Dorothea, sono in tre Cacciatori e ce ne fosse uno che pensa che i demoni odiano il sole, no, deve intervenire Simon. Dio, che crudi.
Se voi vedeste il mio pdf (col cavolo che compravo anche il libro), scoprireste che è pieno di frasi evidenziate con le note a margine (virtuali) a proposito di cosa mi ricordava o di quanto assurdo è quello che sta succedendo. Il colpo di scena che sta alla base di tutto (il primo, poi in teoria, secondo lei, ce ne dovrebbero essere anche altri), l’ho capito con tipo ottanta pagine di anticipo. Era così ovvio che Jocelyn fosse sposata con Valentine. E per la logica di tutto questo, era ancora più ovvio che Clary fosse sua figlia, no? No, la zia Cassandra l’ha fatto passare come un colpo di scena memorabile. Il colpo di scena del secolo.
L’unica cosa buona, è che la scrittura è scorrevole.

mercoledì 21 agosto 2013

Il mirino

Stamattina, quando sono arrivata dai miei bambini, stavano giocando a qualche cavolo di gioco di guerra con l'Xbox, di quelli che tu sei il soldato e devi ammazzare i nemici e conquistare la base, o che so io. Francesco mi ha chiesto se volevo giocare un po' anche io, ma gli ho risposto che non so giocare con l'Xbox. Più che altro, non so maneggiare il controller, che se ogni volta devo stare a vedere quale pulsante è A e quale è X, intanto mi hanno già ammazzata.
Solo che in questo gioco, di cui non chiedetemi il nome, il mirino è sempre fisso al centro dello schermo, appena ti sposti, o cammini, ovviamente non inquadri più quello che ti interessava. Così, per qualche strano motivo, gli ho raccontato del controller del Nintendo 64, quello che aveva tre maniglie. Come tre maniglie, mi ha chiesto. Aveva una maniglia anche in mezzo, gli ho detto. E dietro alla maniglia centrale, c'era il pulsante Z. E allora, mi ha chiesto? Il pulsante Z serviva per agganciare il bersaglio. Una volta che l'hai agganciato, puoi andare a spasso quanto ti pare, ma quello a cui stai mirando resta sempre ben in vista, al centro.
Gli è parsa una figata. Ho come il sospetto che, ora che gliel'ho raccontato, se potesse modificarsi il controller dell'Xbox aggiungendo un tasto, lo farebbe.

venerdì 16 agosto 2013

Difetti di kat

A volte mi chiedo se davvero sono una bella persona. La gente mi conosce di fama, sa che sono invischiata in un sacco di progetti e sa che colleziono 12 ore e mezza di volontariato alla settimana, che non è poco, e tutti non fanno che dire quanto mi impegno e cose varie. Solo che non sanno l’altro lato. Metto su finti sorrisi comprati al Piccol a un euro per la maggior parte del tempo, sono suscettibile, irritabile, terribilmente ironica e spesso mi girano le scatole per delle scemenze. Odio farmi mettere i piedi in testa, ma finisce sempre che tutti lo fanno perché sono troppo buona scema e il più delle volte non ho coraggio di mandare tutti a fanculo. Non sono portata a socializzare, non più del minimo indispensabile, e preferisco di gran lunga marcire al computer piuttosto che farmi trascinare fuori dagli altri, anche perché significa che devo prepararmi bene, far stare a posto i capelli (che è quasi una mission impossibile), e sinceramente è una gran rottura. Significa anche che se andiamo fuori a mangiare non posso fare l’autopsia a quello che ho nel piatto, e l’alternativa è fingere di essere vegetariana, quando invece basterebbe che la gente capisse che io vivrei volentieri di pastasciutta e basta.

mercoledì 14 agosto 2013

La strada per la montagna

Sabato la Giò è partita per la montagna. Beata lei, oserei dire, se non fosse che lei preferisce il mare. Comunque, mentre lei si sperticava a dirmi cosa c'è nel resort dove ha prenotato (piscina e sauna e che ne so io), io per un attimo ho avuto un flash di strade di montagna, di strade che ho fatto cento volte ormai, tutte le volte che andavo in vacanza, tutte le estati passate lassù, che le so a memoria e mi basta chiudere un attimo gli occhi per vedermele scorrere davanti.
Salga. All'incrocio di Ponte a destra. Oderzo, Camino, Lutrano, Fontanelle e Fontanelle Chiesa (questa cosa non l'ho mai capita), Cimetta, Cimavilla e poi dritti fino allo svincolo dell'autostrada. Conegliano, o qualche volta Vittorio Veneto. All'autostrada non ci ho mai fatto troppo caso, in fondo basta seguirla. Verso la fine, si passa accanto al Lago di Santa Croce, ma non si vede granché, perché il guardrail è troppo alto, e il resto è in galleria. Poi, dopo essersi tappati bene le orecchie, si esce. E qui siamo a metà strada. Un po' meno di metà, a dire il vero, perché il "metà strada", detto anche "manca un'ora", è a Belluno, precisamente sul Ponte degli Alpini. Ma ancora non ci siamo. C'è un paesino chiamato Cadola, tre case e una chiesa, o poco più, che è dove solitamente ci fermiamo un attimo a respirare, se ne abbiamo bisogno. Poi c'è Rione S. Caterina, con una specie di castello su una curva a gomito orrenda, Ponte nelle Alpi, Belluno. Ora è davvero metà strada. Siamo in montagna, si vedono già i marciapiedi in salita e la gente che va in giro in maniche corte quando tu hai ancora la felpa. Adesso si inizia a salire sul serio.
Dopo Belluno ci sono Mas e Peron. Poi, solo boschi e costoni di montagna per un tempo che sembra infinito e che invece si quantifica intorno alla mezzora. Poi, quando la civiltà si riavvicina si sta molto attenti, perché ci sono le due curve, e subito dopo le curve c'è Agordo. In centro ad Agordo, in qualsiasi giorno e momento si va a 10 all'ora. Tutti camminano dove gli pare, fanno quello che gli pare, e poi c'è anche la piazza di pavé. Passato il chilometro in cui tutti dormono in piedi, si va sempre diritti. Taibon, Listolade, Cencenighe. All'incrocio, a sinistra. Cartello con l'indicazione "Falcade 12". Galleria. Mas (dove c'era il ponte Bailey caduto), Celat, Canale d'Agordo (solo il panorama, la strada passa fuori), Caviola. All'incrocio, a sinistra. Tutun-tutun sopra al ponte. FALCADE.
E metti il naso fuori dal finestrino, e fa più freddo di com'era a casa, e ti dici che dopotutto anche quella è aria di casa, che se sai tutta la strada a memoria ci sarà un perché.

martedì 13 agosto 2013

Recensioni: Twilight

Attenzione: le Twilighters sfegatate sono pregate di astenersi dal postare commenti offensivi, visto che questa è una recensione ironica. Grazie.

Twilight è un romanzo simil-fantasy di Stephenie Meyer, che parla di simil-vampiri e di una ragazza imbranata all’inverosimile.
Attenzione: anticipazioni sulla trama (per i pochi che ancora non ne hanno sentito parlare, ossia quelli che abitano in un’isola deserta tipo Robinson Crusoe)
Bella Swan (quella imbranata) decide di trasferirsi da suo padre a Forks, WA, per lasciare libera la madre di seguire Phil, il suo secondo marito, giocatore di baseball. Il primo giorno di scuola, in mensa, vede per la prima volta i Cullen (i simil-vampiri), e naturalmente inizia subito a dire oh, come sono fighi, specialmente quello che poi si scopre essere Edward (ma guarda caso). Lui, dal canto suo, vorrebbe solo mangiarsela, il che non sarebbe una brutta idea, ci risparmieremo quattrocento pagine di pare di Bella, a proposito del fatto che lei non è degna di Edward, che è imbranata, che non sa giocare a pallavolo e a badminton, che non sa allacciarsi le scarpe, che se c’è il ghiaccio scivola, che se piove ha freddo, che la camicia senza maniche a Phoenix la portava a dicembre, e altre cose del genere. Insomma, Edward e Bella iniziano a frequentarsi (errore madornale!), e pare che vada tutto bene, lui non tenta di mangiarsela e cose varie, finché un giorno non arrivano James e compagnia bella. James è il personaggio che mi sta davvero di più sulle balle. Insomma, James vuole a tutti i costi ammazzare Bella, bere il suo sangue, così inizia la fuga di Bella verso Phoenix con Alice e Jasper. James, che è meno deficiente di Bella, scopre dov’è e la attira nella vecchia scuola di danza per ammazzarla, facendole credere di avere in ostaggio sua madre (che in realtà è in Florida che se la spassa con Phil). Ovviamente, prima che lui possa finirla, arriva Edward con la cavalleria e la salvano. Che peccato, altri tre libri di pare.

Adesso voi state pensando che sia un libro che mi ha fatto schifo. No, vi sbagliate. È un libro che, quando l’ho letto la prima volta (era l’estate del 2007) mi è piaciuto da morire. Per prima cosa, ero follemente innamorata di Edward Cullen, perché nel film sembra in agonia (come Jasper e tutti gli altri) ma nel libro, se non ti immagini Robert Pattinson (e non potevo, visto che il fil è uscito l’anno dopo), è un gran figo. E Carlisle! Voi non avete un’idea di quanto io adorassi Carlisle. In ogni caso, Bella è al primo posto della mia lista dei personaggi a cui darei badilate sulla testa per tutto il giorno. Bella se le merita proprio, le badilate. Ci sono dei momenti in cui ti chiedi se sta facendo finta di essere deficiente, o se è davvero ritardata mentale, tipo il giorno in cui nevica, che arriva a scuola meravigliandosi di non essere finita fuori strada, e poi guarda le ruote del pickup e si accorge che suo padre le ha montato le catene. E tu vuoi dirmi che hai fatto tre chilometri di strada senza sentire il rumore delle catene sull’asfalto? Mica c’erano due metri di neve sulla strada. E la cosa peggiore non è tanto che lei sia deficiente, è più che Edward si innamori di lei. Dio, dove mai si è sentito che un ragazzo di tale bellezza e intelligenza ed educazione (e tutto quello che vi pare) si innamori follemente di una ragazza che è sfigata all'inverosimile, goffa, impedita, pianta il naso ogni due pagine se non meno (e chi più ne ha, più ne metta)? E non bastasse Edward, ci sono anche Mike, Eric e Tyler che sbavano per lei come dei lumaconi. Ah, sì, quasi dimenticavo Jacob che tiene il moccolo. Jacob, nel libro, appare tre volte (alla spiaggia, prima della partita di baseball e al ballo), quindi si spiega perché finora non l’ho neanche considerato.
Soprassedendo al fatto che Bella scorrazzi per Forks con un vampiro e un licantropo, non esiste che tutti cadano ai suoi piedi, visto che nei suoi piedi ci cade già lei, e non evita di farcelo presente ogni tre righe.
Ciononostante, sebbene volessi mettermi di persona-personalmente (cit.) a tirare badilate sulla testa di Bella, resta la più bella storia d'amore che io abbia mai letto, anche perché chi non vorrebbe un Edward come fidanzato?

Se volete farvi altre due risate, la recensione al film è sempre qui sul blog, schiacciate qua.

lunedì 5 agosto 2013

Pensieri afosi

Tutte le estati (specialmente le ultime) penso che non vedo l’ora che arrivi l’inverno, che solo un’altra ora di caldo potrebbe uccidermi, e poi, appena viene un minimo di più freddo di quello che si può affrontare con le maniche corte sotto la felpa, mi lagno che mi sono già stufata.

La verità è che qui, è l’umidità che ci frega tutti.

giovedì 1 agosto 2013

kat la babysitter

Stamattina sono andata a fare la babysitter a tre bambini. Tre fratelli (12, 8, 6 anni), della serie prendi tre paghi uno (o viceversa?).
Non posso lamentarmi, perché sono abbastanza bravi, però al più grande a volte mi viene davvero voglia di mettergli una striscia di scotch sulla bocca, perché non smette MAI di parlare (in più parla anche velocemente, che io mi perdo metà delle parole). Quando sono arrivata stavano guardando un programma su National Geographic a proposito di un tizio che aveva costruito (in strada) una ferrovia di 16km per i modellini dei treni. L'idea era che poi il trenino li percorresse tutti 16, ma all'undicesimo chilometro si è fermato. Francesco (quello grande) mi ha raccontato che loro lo guardano tutte le mattine, c'è sempre sto tizio che fa delle cose strane coi giocattoli, tipo ieri ha fatto una pista di 5km per le macchinine (in una vera pista da automobilismo) e poi le ha fatte correre. Secondo me è malato.
A mezzogiorno, che è andata la nonna a fargli da mangiare, Francesco è venuto al cancello ad abbracciarmi e chiedermi quando torno.
Qualunque giorno sia, mi porto lo scotch da pacchi (risata malvagia).