martedì 9 novembre 2010

Ci sono dei momenti nella vita in cui ti senti esattamente un merda. Tipo quando ti accorgi di stare a lamentarti di tutto e invece chi sta davvero male è contento di quello che ha. E non mi metterò a parlare dei bambini con la pancia vuota in africa, perché bene o male sono troppo lontani da me. Perché posso rendermi conto che sono presi male, ma non mi toccano abbastanza da vicino.
Ho un amico. Si chiama Marco. Ha 26 anni. Ha la distrofia muscolare. Ha un diploma di perito informatico. È in sedia a rotelle da anni. Ultimamente gli hanno aggiunto anche una specie di fascia che lo tiene attaccato allo schienale, perché evidentemente non riesce più a reggersi. Non ci crederete, ma fa l'animatore all'ACR. Faceva, forse. Ma in sedia a rotelle, sì.
C'è stato un periodo in cui veniva in biblioteca a prepararci locandine e cose del genere al computer. A volte dovevamo spostarlo perché il computer serviva ad altri. Non ci permetteva mai di spostarlo noi. Per quanto gli costasse fare manovra con la sua sola forza, non mi ha mai permesso di spostarlo di un centimetro. Per i tragitti lunghi si faceva aiutare, ovviamente, ma per spostarsi di un metro e mettersi in parte, non se ne parlava.
Suo padre se lo porta in spalla su e giù dalle scale, non potendo spostarlo in blocco.
Conosco un'altro ragazzo, questo ha 17 anni. Si chiama Zeno. Anche lui con la distrofia muscolare. Anche lui in sedia a rotelle. Veniva alle elementari con me. In prima elementare, si trascinava per terra, si vedeva che faceva fatica a reggersi in piedi. Prima lo hanno piazzato in sedia a rotelle manuale, poi in quella elettrica. Lui la guida come un professionista.
Sua madre a volte lo porta a casa di un suo amico che abita davanti a casa mia. Arriva col suo furgone, spalanca il bagagliaio, tira giù la carrozzella, preleva il figlio e lo accomoda. Poi suonano al campanello e spariscono in casa. In quella casa in cui il fratello piccolo è diabetico da quando aveva due anni, e celiaco. Sua madre lo porta a fare controlli in Friuli.
Delle volte penso che io, se mi capitassero die figli del genere, non ce la farei.
Ci sono delle persone che vengono in biblioteca a prendere dei libri, persone che hanno il canrco, persone che stanno facendo la chemio e che non hanno più i capelli, che vanno in giro con una bandana sulla testa. E gli chiedi come va, e loro, felici, ti rispondono "bene". E tu all'inizio pensi che non è vero, ma poi impari che "bene" per loro significa qualcosa del tipo "potrei dirti che sto male, che ho il cancro o che sto facendo la chemio, che i miei capelli sono caduti tutti, che sono avanti e indietro all'ospedale a fare esami. Ma non te lo dirò, perché dopotutto oggi sono qui, e sono vivo, e posso ancora venire qui a parlare con voi, a farmi consigliare l'ultimo libro di Michael Connelly o di Stephen King, e posso ancora leggerlo, quello e tanti altri. I miei capelli ricresceranno, non è un problema. Io sono vivo e, che tu ci creda o no, oggi sono felice".
Un giorno è venuto in biblio l'aspirante sindaco di Salga. Si chiama Alex. Ci ha raccontato che un anno è stato a Lourdes a fare il barelliere. Organizzano un treno apposta per andare a Lourdes, una volta all'anno. Marco ci va sempre. Alex ha detto che i barellieri praticamente spingono le carrozzelle, aiutano i malati, gli fanno la doccia, li puliscono, cose così. Un po' tipo badante. E alla fine della giornata, quello che ti pesa di più non è il fatto di essere fisicamente distrutto. No, è che ti senti una merdaccia. Perché sei in mezzo a gente che sta decisamente molto peggio di te, e sono tutti contenti. Stanno male, sanno che moriranno, sanno che Lourdes non è uguale a miracolo per forza, e sono felici. E tu, che hai tutto e hai coraggio di lamentarti, vorresti sotterrarti dalla vergogna.

1 commento:

  1. Mi hai commossa.
    A Lourdes ci sono stata anch'io: i volontari pensano di andare a dare una mano a chi sta male, ma alla fine sono loro ad essere aiutati proprio dai malati. Questi sono miracoli.

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