Chissà perché, adesso ogni volta che scrivo mi viene in mente la Bahlke. Mi viene in mente, e poi capita come oggi che scrivo di lei.
Il foglio protocollo è fatto di quattro colonne per scriverle tutte. Ogni volta ce lo diceva e ogni volta io arrivavo in cima alla quarta colonna e dopo cinque o sei righe avevo finito il tema. Sei una ragioniera, mi diceva, vai dritta al punto. Anche se lo sapeva benissimo che non eravamo per niente una classe di ragionieri. La partita doppia non l’aveva mai capita nessuno e c’era gente che ancora sommava gli sconti nelle fatture.
Ma alla fine io so che le piaceva la scrittura tonda e l’andare dritto al punto. Diceva che le cose di troppo contribuivano a ritoccare il voto verso il basso, perché con lei scrivere quattro colonne intere e usarne tre per parlare di dettagli inutili poteva essere un autogol clamoroso.
Lei che odiava le calligrafie da gallina e i crostoni di bianchetto.
All’epoca scrivevo un sacco. Scrivevo al computer i miei fogli, scrivevo a scuola quando c’erano le ore buche le situazioni delle mie trame sbilenche, scrivevo papiri sul cellulare nascosta dietro lo zaino con la mano sinistra, perché con la destra intanto prendevo appunti.
Lei era quella che entrava in classe e diceva “qui c’è puzzina-puzzetta” e ci faceva aprire le finestre. Era quella che ci raccontava cosa combinavano in quinta quando noi eravamo ancora due anni indietro e ci faceva venire voglia di crescere di colpo o di restare piccoli per sempre.
Delle volte ci raccontava le trame dei libri, anche delle anticaglie, e ci faceva venire voglia di leggerli. E poi, quando ce li avevi in mano ti chiedevi se fosse il libro giusto, perché come lo raccontava lei era molto più avvincente. Che Dante è un grande e D’Annunzio uno sbruffone antipatico e anche un po’ porco, che come puoi dimenticartelo se te lo spiegano così?
E come il foglio protocollo, anche le domande con le righe erano fatte per non sgarrare, e guai a chi provava a barare uscendo dai margini. Rimpicciolire la scrittura valeva, ma solo se era uguale in tutto il compito.
La storia potevi raccontarla al contrario, se volevi, l’importante era che alla fine tutto tornasse, che ci fossero cause, conseguenze, assassino e movente come in ogni giallo che si metteva a leggere e di cui a volte ci parlava.
E la gomma non potevi mangiarla, guai a chi ruminava come una mucca. E se facevi il furbo e te la incollavi da qualche parte in bocca, potevi stare sicuro che al minimo movimento ti avrebbe fregato, perché anche se sembrava non guardarti, vedeva tutto.
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