Oggi pomeriggio sul tardi, tipo verso le sei e un quarto, era tutto tranquillo e ho pensato di telefonare a Bruno. In realtà erano un po’ di giorni che ci pensavo e che mi facevo un mucchio di problemi perché magari finiva che era a lezione o gli rompevo le scatole in qualche momento poco adatto alle chiacchiere, comunque alla fine ho tirato su la cornetta e ho fatto il numero. Non si può passare tutta la vita a farsi pare. L’idea era semplicemente di raccontargli le ultime sulla situazione alquanto desolante della gita, e magari sentire un attimo come se la passava lui, non so, al massimo dieci minuti. Alla fine quando ho messo giù era passata mezzora e non ce n’eravamo quasi accorti. E soprattutto, ho l’impressione che avremmo potuto andare avanti un altro bel pezzo a raccontarci cosa facciamo e cosa pensiamo e cosa ci passa per la testa e come va a rotoli il mondo, e che piove sia a Salga che a Rimini.
È assurdo, ma mi andava davvero di sentirlo. Ed è ancora più assurdo come mi sarei sbregata a ridere quando l’ho sentito rispondere e ho ricordato la sua voce che non sentivo da due anni. Sarà lui o sarà l’accento, non lo so. E poi, vabbè, lo so, se non sto attenta a come parlo, anche il mio accento è terribile (o almeno così hanno detto le orecchie marchigiane, della serie “senti chi parla”) e so che se mi metto tutta svaccata e cado nel dialetto mi viene perfino fuori quella stupida R veneta alla Federica Pellegrini (ascoltatela bene quando parla e capirete di cosa parlo).
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