Quando venivamo a pranzo da te, il tuo sugo era il più buono del mondo, e avrei mangiato tonnellate della pinza che facevi. Certe cose non si possono dimenticare.
Sono passati tre anni e mezzo, eppure in questo giorno festivo che è andato così così non riesco a fare a meno di pensare a te. A quell’ultima volta che ti ho vista, io incartata nel giubbotto, con due giri di sciarpa e i guanti da sci, che avevo fatto la strada in bici, e tu persa nel divano, magrissima com’eri diventata, tutta pelle e ossa, che guardavi, senza rendertene davvero conto, Il re leone. C’è una strana coincidenza in tutto questo. Il giorno in cui vengo a trovarti tu guardi il mio film preferito, come se volessi farmi restare, o qualcosa del genere.
E dire che fino a tre mesi prima stavi ore nell’orto, sotto al sole, e tutti dicevano che a 95 anni una potrebbe anche starsene tranquilla a fare la siesta, altro che uscire a zappare. Ma tu no, tu eri dura, non ti saresti fatta mettere i piedi in testa da nessuno. Hai lottato fino all’ultimo, com’era nel tuo stile. E adesso lo so che stai lì a fare cucù dalle nuvole. Scommetto che ti fai delle grandi chiacchierate con le altre nonne, e potrei giurare che hai anche incontrato la Bahlke, e chissà cosa ti ha raccontato di me. E poi, quando ti stufi di parlare, metti fuori la testa per vedere cosa facciamo, per controllare se i pomodori nell’orto vengono su bene anche senza di te che gli zappetti via l’erba. Forse, anche solo a guardarli, il sugo verrà più buono.
Speriamo ci sia anche la mia, di nonna, impegnata a chiacchierare tra pareti di nuvole. A dire il vero non era una donna molto socievole, troppo impegnata a corazzarsi per fronteggiare una vita che di facile non ha mai avuto nulla. Però sapeva intavolare delle partire a briscola omeriche, se trovava un degno avversario :)
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