venerdì 26 luglio 2013

Giorno #20

È assurdo come le parole ti sfuggano nel momento in cui ti farebbero più comodo, specialmente dopo aver passato quattro settimane a dire stupidaggini. Eppure ormai è una tradizione che mi si secchi la lingua l'ultimo giorno, l'ultimo minuto di centro estivo, che per dire "ciao" ai bambini mi devo sforzare, forse solo perché neanche io voglio ammettere che è tutto finito di nuovo.
È una tradizione che i bambini vengano lì ad abbracciarti, baciarti e a salutarti, tranne Valerio che finisce sempre che lo devo baciare io.
È una tradizione anche che poi io mi metta con carta e penna dopo la festa finale a scrivere tutto quello che non sono riuscita a dire, anche se alla fine quest’anno mi sono ritrovata a scrivere (e un po’ piangere) non dopo la festa ma questo pomeriggio. Perché per quanto tra animatori ti dici che ti vedrai ancora, che ti sei aggiunto su face, che mangerete la pizza una sera senza essere sudati come dei caproni e seduti sul pavimento, tutto quello che è successo in quattro settimane non lo puoi replicare e, per quanto deficiente tu sia diventato, poi ti manca.
Ci sono cose che non si possono comprare, che non si possono spiegare. Che i comuni mortali, i non-animatori, neanche immaginano. Ci sono i balli e kat che si vergogna, che balla meccanicamente, che se respira sbaglia il passo perché il cervello non era abbastanza concentrato. Ci sono i balli e c’è la Vale che si inventa i passi e tutto le viene bene. Ci sono i balli e Paolo che dopo quaranta volte ancora non ha imparato una mano en mi cintura, ma che neanche ci poniamo il problema di insegnarglielo.
Ci sono i lavoretti, e le canne su cui sono appesi che poi, la sera della festa, pensano bene di suicidarsi e di creare un tale groviglio che l’unica soluzione possibile pare essere il bidone della spazzatura.
Ci sono i palloni sul tetto e le bidelle che, quando vai a chiedere se puoi uscire dalla finestra per prenderli, si tolgono le ciabatte per entrare in classe. Le stesse bidelle che, quando se ne vanno alla fine del mese, chiudono a chiave la porta della loro stanza, che se ti serve il ghiaccio devi andare a prenderlo a casa.
Ci sono le partite di palla avvelenata, che non si capisce com’è possibile che non sappiano giocarci, e che quando fai le squadre miste loro sono ancora più furbi e si mettono d’accordo per essere tutti insieme.
Ci sono le gite e vedi mai che contandoli al ritorno te ne manchi uno.
Ci sono le foto (Paolo, pagami per averti prestato la reflex. Va bene anche in natura, come ha detto la Gloria, ma preferirei denaro così mi compro qualche altro accessorio per la macchina fotografica) e i telefonini, che non ci dovrebbero essere. Ci sono quelli che ti chiedono “mi aggiungi su Facebook?” e poi scopri che non ci entrano mai.
Ci sono gli amori a metà, che poi arriva uno dell’altro gruppo e rovina tutto solo perché non sa tenere la bocca chiusa.
Ci sono le torte e il pane e Nutella, l’assessore e la Giò. Ci sono le vagonate di emme e gli elogi, gli abbracci, i pianti e i pugni. Ci sono le lettere degli ammiratori segreti e le veline. Ci sono quelli che ti si attaccano la mattina al braccio e non li scolli manco con diluente.
E poi ci siamo noi animatori, che alla fine siamo quelli che ci divertiamo più di tutti, anche se la voce se ne va sempre troppo presto, e se il rischio dell’anarchia certi giorni è sempre più alto.
E ragazzi, chi se ne frega se sono scema e sdolcinata, ma è che per me questo mese siete stati come un gruppo di fratelli e sorelle che non ho mai avuto, e forse è principalmente per questo che, se penso che lunedì mattina la sveglia non suonerà più alle sette, mi viene un po’ da piangere.
Grazie.

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