La famiglia è quella che ti ritrovi
fino a quando non diventa quella che ti scegli.
Siamo a Jesolo da circa due mesi e mezzo.
Io sto lavorando (solo il weekend per ora, ma è comunque più di quanto farei a casa), anche se tre quarti dei curriculum sono stati ignorati e spesso dalla stessa gente che rimette l'annuncio tre o quattro volte e poi si lamenta che non trova nessuno. Se provaste a dare fiducia a qualcuno di quelli che si propongono, magari trovereste qualcuno, non vi pare? In ogni caso, non ho voglia di fare polemiche e via. Mi tengo il posto che ho trovato, e chissà che a settembre, quando tornerò a casa e dovrò battere un nuovo curriculum, mi serva a qualcosa.
Dav sta lavorando. Pure troppo secondo me, per essere appena giugno, ma pazienza. Alla faccia delle 40 ore.
Ce la caviamo.
Abbiamo un menu bisettimanale (che devo anche aggiornare togliendo le minestre, che ci stavano ad aprile ma ora Dav suda al solo pensiero, ed è un peccato perché a me piace un sacco la crema di ceci), tre piantine sulla finestra (una è nostra e le altre due erano in affitto insieme alla casa e sto cercando di non ammazzarle, ma essendo piante grasse dovrebbero farcela) e dei turni per lavare i piatti.
Gli ho insegnato come far andare la lavatrice. Gli ho insegnato come fare il prelavaggio col sapone di Marsiglia ai jeans unti prima di buttarli in lavatrice. Prima o poi gli insegnerò anche come stirare senza bruciarsi le magliette.
Ci lasciamo i bigliettini sopra al tavolo quando andiamo a lavorare e non ci incrociamo (io glieli lascio, di solito, lui alle sette e mezza di mattina viene a svegliarmi per dirmi che sta uscendo).
Gestiamo attacchi di ansia a vicenda.
Dormiamo abbracciati (al condizionatore).
Lui parla dei suoi colleghi (che ormai ho conosciuto quasi tutti) e di cosa combinano, io la domenica e il lunedì faccio la logorroica su quello che è successo al lavoro nel weekend e sui tedeschi che fanno abbinamenti alimentari talmente orrendi che mia nonna se lo sapesse verrebbe su a piedi (sono circa 30km) per dare loro il mattarello sulla testa. Tipo, pizza e caffelatte o 30°C all'ombra e minestrone. Ci siamo capiti insomma.
Sopportiamo i vicini.
Gli faccio i dolci, anche se non c'è il forno. La pizza invece deve ordinarsela da qualche parte, se la vuole.
Qualche sera usciamo e andiamo fino alla spiaggia a fare una passeggiata. Arriviamo fino alla fine del pontile (a meno che non ci sia la marea, che io quando vedo l'acqua alzarsi non ce la faccio), stiamo a sentire la brezza, ci sediamo abusivamente sui lettini della prima fila per un po', e poi torniamo indietro.
Una volta alla settimana ci facciamo un panino che fa provincia con dentro la cotoletta e la salsa barbecue e l'insalata e il pomodoro e il resto del frigorifero.
Qualche volta ci inventiamo picnic nei parchi e allora ci portiamo la scatola con l'insalata di riso o il cous cous o quello che c'è e la tovaglia a quadri, che da sola basta a fare l'atmosfera.
Non è facile. Per quanto suoni bellissimo e libresco (sì, ho letto un bel po' di libri, e mi sono fatta delle idee, qualche volta anche sbagliate o falsate, di una relazione), a volte non è così bellissimo e non è tutto così liscio come saresti portato a pensare. Però ce la facciamo.
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