Jonathan Strange & il signor Norrell (Jonathan Strange & Mr. Norrell) è un romanzo di Susanna Clarke. L’unica cosa che mi è davvero piaciuta è che se non altro ci ha fatto la grazia di stamparlo tutto insieme nonostante sia composto da tre sezioni (“Il signor Norrell”, “Jonathan Strange” e “John Uskglass”) che sono così grosse da poter essere considerate tre libri staccati. Tutto il volume, infatti, è di quasi 900 pagine. Generalmente per me i libri grossi non rappresentano un problema, ma questo mi ha davvero tolto tutte le energie. Mi dispiaceva lasciarlo perdere (sapete, dopo un po’ si iniziano a pensare a tutte le cattiverie che si scriveranno nella recensione e quindi si fa fatica a privarsi di tanto ben di Dio), ma in certi punti l’alternativa era saltare tutte le note a piè di pagina, e anche qualche riga del testo. Sì, avete letto bene, ha le note a piè di pagina. Anzi, in certe pagine c’è praticamente l’intestazione composta da cinque righe di libro e il resto è nota a piè di pagina. Sono quasi convinta che eliminandole tutte si sarebbero potute risparmiare un centinaio di pagine a libro, e un paio di foreste.
Attenzione: anticipazioni sulla trama.
La trama è costellata di buone idee che però sono andate più o meno tutte a farsi friggere, perché sono state annacquate (anzi, diciamo proprio annegate) da tutti i corollari inutili che la Clarke ci ha incastrato in mezzo. Molto velocemente, c’è questo mago, il signor Norrell (Gilbert), che possiede praticamente tutti i libri di magia dell’Inghilterra e che si crede l’unico a poterla esercitare, al punto che fa mettere a contratto che gli altri maghi dell’Accademia di York (tutti teorici) non debbano più essere considerati maghi, e debbano addirittura cambiare professione. Già a questo punto del libro l’avrei strangolato più o meno sette volte. Dopo essersi tolto dai piedi la concorrenza, Norrell cerca di mettersi al servizio del governo inglese per vincere con la magia la guerra contro Napoleone. All’inizio il ministro Walter Pole non è per niente convinto, ma quando Norrell si offre di resuscitare con la magia la donna che Sir Pole avrebbe dovuto sposare, il ministro accetta e mette Norrell al suo servizio. O viceversa? Mi è rimasto il sospetto che alla fine fossero i ministri le marionette di Norrell. Comunque. Per riportare in vita la donna, però, Norrell fa un patto con un essere fatato di cui non si conosce il nome, detto sempre “il gentiluomo dai capelli lanuginosi”. Anche il gentiluomo è uno che prima della fine del libro avrei più volte strangolato con le mie mani. Lady Pole è quindi costretta a vivere una doppia vita, di giorno a Londra e di notte a Senzasperanza, la dimora fatata del gentiluomo. In questo incantesimo verrà poi inglobato anche il maggiordomo di Sir Pole, Stephen.
Un giorno, a rovinare i piani di Norrell, arriva Jonathan Strange, il quale è molto più simpatico al governo e viene mandato in Spagna e in Belgio a combattere con la magia insieme ai soldati (seguono duecento pagine di battaglie che avrei volentieri saltato). Nel frattempo, il famoso gentiluomo fatato allarga l’incantesimo anche alla moglie di Strange, Arabella, che in seguito viene trasportata per sempre nei Regni Fatati e tutti la credono morta. Strange, allora decide di scappare a fare un giro in Europa (qualcosa di simile a un Grand Tour, per quello che ho capito) in compagnia di una famiglia inglese. Si fermano per un po’ a Venezia e lì Strange inizia a cercare di capire come fare a evocare gli esseri fatati, dal momento che Norrell non ha voluto insegnarglielo. Dopo essere stato chiamato contro la sua volontà, il gentiluomo si arrabbia con Strange e cerca di ridurlo alla solitudine estrema lanciandogli un incantesimo che lo fa stare in una notte perenne. Strange inizialmente si deprime, poi si dà una svegliata, scopre che la moglie è ancora viva e come salvare Lady Pole dal maleficio, così torna in Inghilterra e risveglia la magia del Re Corvo.
Per fortuna che vi avevo detto “brevemente”. Vabbè, capite che riassumere novecento pagine non è semplice, e sappiate che ho saltato parecchi personaggi. Per esempio, non vi ho raccontato di John Uskglass, ossia Re Corvo. In realtà non c’è molto da dire, all’inizio non si capisce nemmeno che sono sinonimi, ma quando le cose si fanno più chiare si capisce che alla fine la Clarke ha incollato insieme un po’ di leggende (nelle note a piè di pagina) e che se ci è piaciuto il suo personaggio possiamo farci un giro su Google. Un altro personaggio che all’inizio pareva assolutamente insignificante ma che poi mi è piaciuto è Vinculus, il mago di strada (al giorno d’oggi diremo ciarlatano), che non è poi così impostore come sembra. Anche Jonh Childermass, il servo/valletto/tuttofare di Norrell è un personaggio niente male. Anzi, vi dirò, i personaggi secondari sono quasi migliori dei principali, dal momento che Norrell è schifosamente antipatico (e le prova tutte per esserlo sempre di più) e Strange è quello che si crede più bello e più intelligente e in una parola vi dirò assolutamente arrogante. (Però l’ho comunque preferito a Norrell). Certo ci sono anche personaggi secondari odiosi, tipo Lascelles, sul quale non intendo soffermarmi per niente.
Anche ieri sera quando l’ho finalmente finito sono rimasta a chiedermi perché la Clarke ha annegato tutte le sue buone idee, tutte le leggende sul Re Corvo che probabilmente già da sole potevano fare una gran storia, tutti i personaggi che le erano venuti bene (anche Norrell e Strange sono venuti bene, voglio dire, rendere antipatica una manciata di parole su una pagina è una gran bravura) in pagine e pagine di cretinate che non interessano niente a nessuno. È un vero peccato.
E, ultimissima cosa, giuro, i disegni sono a dir poco orrendi. La prossima volta, per favore, chiamate Paolo Barbieri.
E, ultimissima cosa, giuro, i disegni sono a dir poco orrendi. La prossima volta, per favore, chiamate Paolo Barbieri.
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