venerdì 24 dicembre 2010

C'è qualcosa dentro l'anima che brilla di più

A Natale puoi
dire ciò che non riesci a dire mai
che bello stare insieme
che sembra di volare
che voglia di gridare
quanto ti voglio bene.

Mancano otto ore a Natale. A dire il vero, chissenefrega di Natale. Tanto so che sarà la solita girandola di ipocrisia, di auguri finti e di sorrisi forzati, così come lo è sempre.
Quest’anno don Bepi ha anticipato la messa di mezzanotte alle dieci, povero, sta diventando vecchio anche lui, ma cascasse una pannocchia se va in pensione. Tanto quello che ci metteranno come rimpiazzo non può essere peggiore. Io e la Ele ci andiamo, alla messa di mezzanotte. Almeno poi la mattina possiamo dormire senza dover pensare che ci dobbiamo svegliare per andare in chiesa, e se ci svegliamo presto è solo perché vogliamo scartare i regali. Sì, siamo delle sporche materialiste anche noi. Come tutti, del resto. Avevamo chiesto a Marco se voleva venire, abbiamo provato a corromperlo i tutti i modi ma non attacca. Neanche dicendogli che dopo la messa ci danno il panettone. Se conoscessi abbastanza sua nonna, lo farei correre, ma non l’ho praticamente mai vista. E peccato, perché sennò capirebbe anche che non sono la ragazzaccia che lei pensa. Cioè, sì, sono una ragazzaccia, ma non sempre. E poi, a Natale siamo tutti più buoni. A Natale mi asterrò dall’essere ragazzaccia. E, a proposito di astensioni, oggi è la vigilia, quindi, come dice mia madre, digiuno e astinenza. Allora, indipendentemente da quello che dice lei, io ho fame. E quando ho fame, mangio. È chiaro?
Ieri pomeriggio sono stata a portare i regali ai miei cugini-rospi. L’idea era di fermarmi dieci minuti, dargli il regalo e via. Sono stata lì tre ore. Sì, va bene, non mi vedono mai. Sì, mi sono messa a chiacchierare con sua madre di ragazzi, il che potrebbe sembrare strano ma non lo è nemmeno tanto. Marco voleva accompagnarmi, ma alla fine non è venuto. Se gli sono fischiate le orecchie, eravamo noi che parlavamo di lui. Bene o male, non saprei. Fatto sta, che è diventato un’ossessione. Di giorno, di notte. È sempre intorno che ronza. Che se non lo sento io, me ne parlano. Poi la notte faccio sogni strani, che a dire il vero non voglio neanche che qualcuno me li interpreti, non voglio sapere cosa significano.
Sto ascoltando canzoni di Natale in cuffia, come se potessero crearmi l’atmosfera. La verità è che non creano un cazzo. Che alla fine albero e presepe e i residuati di neve fuori non mi danno nessuna bella sensazione di tepore natalizio o simili. Nemmeno i miei, nemmeno i regali già pronti sul tavolino (non posso metterli sotto l’albero, perché il pavimento del bunker è umido), che muoio dalla voglia di scartarli. Scommetto che mia nonna stanotte porterà giù la sua stecca di mandorlato duro, che lo prende per me e se lo pippa sempre mio padre perché a me piace il torrone morbido, e in 21 anni lei non l’ha ancora capito (oppure, sì, l’ha capito, ma siccome a lei e a mio padre piace quello duro, hanno deciso che deve piacere anche a me). A dire il vero, non ho la minima idea di cosa vorrei come regalo. Io non voglio mai niente, nel senso che non so nemmeno io cosa voglio. Nel senso che magari avrei un’idea di cosa, ma tanto poi so bene che non ci sarà, quindi non mi illudo nemmeno. Sono sempre stata così, a dire il vero. Non ho mai chiesto chissà che. Diciamo che mi basterebbe essere felice, non dovermi guastare sempre l’umore a causa di cazzate, passare il tempo con i miei amici, non avere rompimenti di scatole almeno quando sono con loro. È per quello che avevamo cercato di corrompere Marco a venire a messa stasera, per passarcela. Perché se un sacco di gente va a messa impellicciata e coi capelli cotonati solo perché è festa e bisogna farsi vedere, noi che a messa ci andiamo sempre, anche quando c’è più di mezza chiesa vuota, possiamo anche permetterci di stare tra amici, di fare versacci tra di noi quando don Bepi ci impesta di incenso e tutto il resto. Di stare vicini, spalla a spalla, a vedere la differenza di altezza, a pensare che per Natale sotto l’albero vorrei trovare uno sgabello, per arrivarci a baciarlo durante l’anno nuovo, perché se non la smette di crescere non ci arrivo davvero più.
È questo il Natale che vorrei io. Non quello delle luminarie, non quello dell’albero o del presepe, non il pandoro o il rametto di pino con gli auguri, non i soliti pranzi dai parenti che ti rompi e basta. Vorrei un Natale con i miei amici, tutti insieme.

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