Quando le cose non
funzionano, all'inizio credo sempre di essere io il problema. Credo non essere
all’altezza, di non essere abbastanza brava, abbastanza bella, abbastanza
collaborativa, abbastanza zerbina, ABBASTANZA e basta. E magari mi rovino il
fegato a pensare perché e percome, e a chiedermi cosa devo fare più di così,
piango e mi faccio venire attacchi di ansia tali che penso di soffocarmi
definitivamente, al punto che a volte mi dico: “ohmmerda, dove ho lasciato il sacchetto
di carta per respirarci dentro?”. La verità è che io non ho nessun sacchetto di
carta.
È solo dopo innumerevoli
crisi, e innumerevoli sgridate dei miei (che non hanno il mio genere di
problemi) sul tema “smettila che non hai tre anni” che capisco che non sono io.
Non sono io che non vado bene, quando faccio presente dieci volte le stesse
cose e nessuno mi ascolta. Non sono io che non funziono quando la gente non mi
dice le cose e poi si lagnano se non le ho fatte. Dio, LEGGO FORSE NEL PENSIERO
IO? LEGILIMENS? No.
Quindi questa volta che si fottano tutti, e domani,
a costo di morire nel tentativo, i
genitori di F, uno o entrambi, o quello che sia, mi sentiranno. E decanterò
allegramente tutte le lagne che ha fatto il loro figlio da settembre in qua,
che non mi interessa cosa gli abbia raccontato lui (probabilmente un bel po’ di
balle). Che non vengano a dirmi che non gli ho fatto fare i compiti come va
bene a loro, che non dicano che non li avevo avvertiti una volta e due del
fatto che non fa un cavolo.
Stasera suo padre mi ha
telefonato incavolato come una iena lagnandosi del fatto che non aveva studiato
né tecnologia né storia, e dicendo (punti salienti) che 1. potevamo lasciar perdere
di fare inglese, 2. che dovevo fargli studiare almeno una delle materie, 3. che
se non so cos’ha da fare c’è il diario e 4. che adesso gli toccava stare lui su
fino a chissà che ora per farlo studiare. Al che io ho detto che 1. inglese l’avrà
fatto per 5 minuti, quindi non abbiamo perso chissà quanto tempo, e poi l’ha
lasciato perdere, 2. tecnologia non mi aveva detto che la doveva studiare, e
non era scritto da nessuna parte quindi io che ne sapevo, pensavo che dover
fare un riassunto di 6 pagine fosse sufficiente, dato che ci abbiamo messo due
ore solo per quello, e storia si è pensato che la doveva studiare alle quattro
e mezza, e in ogni caso non lo voleva fare, ha iniziato a lagnarsi e poi è
stato un po’ a fissare il quaderno e io non so mica nel frattempo se studia o
no 3. che se nel diario lui scrive quello che vuole, a spezzoni e nei giorni
sbagliati poi come cazzo faccio a capirmi e 4. (no, questo non gliel’ho detto)
PORCATROIA è TUO FIGLIO, MICA MIO.
Alla fine di questa
garbata (?) conversazione telefonica della durata di 7 minuti e 17 secondi, ha
detto: beh, domani ne parliamo.
Domani ne parliamo? Cos’altro
devo dirti perché tu ti renda conto di che razza di soggetto hai in casa?
DOMANI MI LICENZIO, ALTRO
CHE PARLARE, PERCHÉ NON HO INTENZIONE DI AVERE A CHE FARE CON IDIOTI DEL GENERE
UN MINUTO DI PIÙ.Nel frattempo, per riuscire a dormire stanotte, inaugurerò la valeriana che mi ha prescritto la dottoressa più di un anno fa (finora il solo averla nel cassetto mi tranquillizzava già, perché sapevo che, nel caso, avrei potuto allungare la mano e prenderla).
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