mercoledì 9 ottobre 2013

Disegno tecnico

Quando andavo alle medie, disegno tecnico era una delle materie che mi piacevano di più (se vi state chiedendo quali erano le materie che mi piacevano di meno, sono lieta di rispondervi matematica e scienze. Ginnastica mi era ancora abbastanza indifferente, perché il prof non ci faceva fare praticamente niente). Mi piaceva soprattutto perché non bisognava studiare, probabilmente. Il prof ci dava sempre un disegno per casa e la  lezione successiva ci chiamava in ordine alfabetico per consegnarglieli. Poi ci dava quello per la volta dopo (noi potevamo già iniziare) e iniziava a chiamare in ordine inverso per correggerli uno per uno. Dovevi presentarti alla cattedra con le due squadre, che lui controllava sempre se tutte le linee erano parallele. Dava il voto in centesimi, togliendo cinque punti per ogni cosa che era sbagliata (o che gli faceva schifo). Io prendevo sempre 90 o 95 per via della scrittura. Ci mettevo quasi più tempo a scrivere titolo, nome, cognome e data in carattere forma, sforzandomi di dare alle lettere la forma migliore, di fare il 2 con quella graziosa curva (e non farlo sembrare un ferro da stiro) che a fare tutto il disegno. E ancora, dopo aver scritto righe intere di A e B e tutte le altre lettere per esercitarmi, come alle elementari, ogni volta che il prof correggeva il mio disegno l’unica cosa che diceva era “cinque punti in meno per il carattere forma”. Tua madre. Certo, moltissimi dei miei compagni erano capaci di prendere voti tipo 25/100, il che significa che i loro disegni erano poco più che un ammasso casuale di linee (e nemmeno parallele tra loro, probabilmente).

Comunque, tutto questo per dirvi che oggi ho avuto un dialogo come quello che vi riporto con il mio bambino attuale. Da farmi drizzare i capelli.
kat: [leggendo dal diario] esercizio 2 e 3 pagina 6 e poi squadrare un foglio a quadretti. A quadretti?
F: eh, c’è scritto là.
kat: va bene. Sai squadrare un foglio?
F: credo di no.
kat: per fortuna io sì. Prendi il foglio e tira le diagonali.
F: le diagonali?
kat: [indicando gli angoli] da qua a qua, e anche dall’altra parte.
F: [con la squadra 30-60] non ci arriva.
kat: prendi la stecca da 50.
F: che stecca?
kat: non hai la stecca da 50? O da 60?
F: no. Il prof non ce l’ha fatta comprare.
kat: [con le orecchie che iniziano a fumarle] va bene, allora fai col lato lungo della squadra e speriamo che basti. A proposito, non si squadra con la HB, dov’è la matita da disegno tecnico?
F: quale?
kat: non so, io avevo una 2H. Non vi ha fatto comprare neanche quella?
F: sì, ci ha detto di prendere una 5H
kat: [pensando: perfetta per bucare il foglio] allora trovala.
F: [la cerca] non c’è.
kat: pazienza. Andiamo avanti con la HB, ma cerca di non calcare tanto. Fai la punta e tienila dritta. E adesso fai ‘ste diagonali.

Dopo mezzora abbiamo ottenuto la squadratura, orrenda, stretta (perché il compasso con la rotella non si apre fino al margine del foglio, e mi sa che dovrà comprarne un altro anche se non vuole) e talmente calcata che, se l’avessi appesa alla terrazza del secondo piano e poi fossi scesa in strada, sarei riuscita a vederla.
Mi cadono le braccia.

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