Quando andavo alle medie, disegno
tecnico era una delle materie che mi piacevano di più (se vi state chiedendo
quali erano le materie che mi piacevano di meno, sono lieta di rispondervi matematica
e scienze. Ginnastica mi era ancora abbastanza indifferente, perché il prof non
ci faceva fare praticamente niente). Mi piaceva soprattutto perché non
bisognava studiare, probabilmente. Il prof ci dava sempre un disegno per casa e
la lezione successiva ci chiamava in
ordine alfabetico per consegnarglieli. Poi ci dava quello per la volta dopo
(noi potevamo già iniziare) e iniziava a chiamare in ordine inverso per
correggerli uno per uno. Dovevi presentarti alla cattedra con le due squadre,
che lui controllava sempre se tutte le linee erano parallele. Dava il voto in
centesimi, togliendo cinque punti per ogni cosa che era sbagliata (o che gli
faceva schifo). Io prendevo sempre 90 o 95 per via della scrittura. Ci mettevo
quasi più tempo a scrivere titolo, nome, cognome e data in carattere forma,
sforzandomi di dare alle lettere la forma migliore, di fare il 2 con quella
graziosa curva (e non farlo sembrare un ferro da stiro) che a fare tutto il
disegno. E ancora, dopo aver scritto righe intere di A e B e tutte le altre
lettere per esercitarmi, come alle elementari, ogni volta che il prof
correggeva il mio disegno l’unica cosa che diceva era “cinque punti in meno per
il carattere forma”. Tua madre. Certo, moltissimi dei miei compagni
erano capaci di prendere voti tipo 25/100, il che significa che i loro disegni
erano poco più che un ammasso casuale di linee (e nemmeno parallele tra loro,
probabilmente).
Comunque, tutto questo per
dirvi che oggi ho avuto un dialogo come quello che vi riporto con il mio
bambino attuale. Da farmi drizzare i capelli.
kat: [leggendo dal diario]
esercizio 2 e 3 pagina 6 e poi squadrare un foglio a quadretti. A quadretti?
F: eh, c’è scritto là.
kat: va bene. Sai
squadrare un foglio?
F: credo di no.
kat: per fortuna io sì. Prendi
il foglio e tira le diagonali.
F: le diagonali?
kat: [indicando gli
angoli] da qua a qua, e anche dall’altra parte.
F: [con la squadra 30-60]
non ci arriva.
kat: prendi la stecca da
50.
F: che stecca?
kat: non hai la stecca da
50? O da 60?
F: no. Il prof non ce l’ha
fatta comprare.
kat: [con le orecchie che
iniziano a fumarle] va bene, allora fai col lato lungo della squadra e speriamo
che basti. A proposito, non si squadra con la HB, dov’è la matita da disegno
tecnico?
F: quale?
kat: non so, io avevo una
2H. Non vi ha fatto comprare neanche quella?
F: sì, ci ha detto di
prendere una 5H
kat: [pensando: perfetta
per bucare il foglio] allora trovala.
F: [la cerca] non c’è.
kat: pazienza. Andiamo avanti
con la HB, ma cerca di non calcare tanto. Fai la punta e tienila dritta. E
adesso fai ‘ste diagonali.
Dopo mezzora abbiamo
ottenuto la squadratura, orrenda, stretta (perché il compasso con la rotella
non si apre fino al margine del foglio, e mi sa che dovrà comprarne un altro
anche se non vuole) e talmente calcata che, se l’avessi appesa alla terrazza
del secondo piano e poi fossi scesa in strada, sarei riuscita a vederla.
Mi cadono le braccia.